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12 Novembre 2013
Stay hungry. Stay foolish. L’eredità tecnologica e la rivoluzionaria visione del futuro del compianto Steve Jobs, scomparso prematuramente il 5 ottobre del 2011 a soli 56 anni, è diventata una pellicola diretta da Joshua Michael Stern e interpretata da un sorprendente – quanto sorprendentemente somigliante (!) - Ashton Kutcher nel ruolo del protagonista. Nei cinema del Bel Paese dal 14 novembre, Jobs ripercorre l’ascesa del visionario fondatore della Apple (già a capo del colosso Pixar), un self made man cresciuto con modesti genitori adottivi in quel di San Francisco, in California, a due passi dalla Silicon Valley, area che presto diventerà l’epicentro della sua scalata al successo. Una scalata inarrestabile e contrappuntata da esperienze personali che hanno reso unico questo personaggio tanto ammirato quanto criticato: la rinuncia agli studi universitari, la convergenza giovanile con il movimento hippy e il famigerato viaggio in India durante il quale, come spesso accadeva all’epoca, la ricerca dell’illuminazione passa attraverso la brama di allucinazioni (!), e poi i primi lavori come programmatore, l’incontro fatale con il futuro socio Steve Wozniak (interpretato nel film da Josh Gad), e, finalmente, la creazione della Apple, azienda dalla quale Jobs verrà presto allontanato, salvo essere richiamato 10 anni dopo, proprio alla viglia della sua rivoluzione, una rivoluzione dapprima informatica (hardware e software), poi multimediale (iPod, il colosso di distribuzione musicale iTunes) e infine, con la diffusione degli iPhone e iPad, sociale. Ma “Jobs” è ancora di più..
“Jobs”, il film, è anche il ritratto di un’autentica icona della modernità, perfezionista illuminato e piuttosto eccentrico che, lo si voglia o no, il mondo l’ha cambiato davvero. “Qualcuno che”, ha detto di lui il regista Joshua Michael Stern, “contro ogni previsione, ha introdotto qualcosa che non era mai esistito prima. Qualcosa che ora è diventata parte del tessuto della nostra cultura di cui non possiamo più immaginare l’assenza”. Ma chi era Steve Jobs? “Un fondamentalista”, continua, Vedeva le cose in bianco e nero”. E chi meglio di Ashton Kutcher poteva calarsi nei suoi panni? Somiglianza con l’originale a parte, infatti, questo bel giovanotto entrato – grazie a una fortunata gavetta nella moda - nell’olimpo di Hollywood sulla scorta di una lunga serie di ingaggi televisivi e cinematografici azzeccati o, in casi come il seguitissimo “Punk’d”, creati ad hoc dalle sue società, è anche un accorto uomo d’affari con il pallino per le nuove tecnologie. Ex consorte dell’attrice Demi Moore, oggi legato sentimentalmente alla più giovane Mila Kunis, Kutcher è per la rivista Time una delle cento persone più influenti del pianeta, complici la creazione, nel 2000, della compagnia Katalyst, leader nei settori “media” ed “entertainment”, il lancio, l’anno seguente, di un fondo per le imprese battezzato A-Grand Investments (Tra gli investimenti figurano Spotify e Foursquare) e creato insieme al magnate Ronald Burkle e al manager di Madonna Guy Oseary , e la partecipazione, nel 2009, al nobile varo di “Thorn: Digital Defenders of Children”, un sistema di difesa dei bambini nel web. Segnale inequivocabile che, dietro a quel bel viso e a quel corpo statuario, non c’è affatto il solito “toy-boy”.
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