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Achille Lauro: “Le polemiche dopo Sanremo difficili da gestire”

“La mia grande fortuna è stata aggrapparmi allo spiraglio della musica”

Achille Lauro: “Le polemiche dopo Sanremo difficili da gestire”

Credits: Ufficio Stampa

16 Aprile 2025

Redazione 105

Achille Lauro si racconta in un’intervista a Vanity Fair in occasione dell’uscita del suo nuovo album Comuni mortali. Inevitabile chiedergli perché proprio questo titolo: “Perché questo disco sottolinea la fragilità che ci accomuna tutti. L’ho scritto tra Los Angeles e New York: lontano da casa e dal vortice del mercato musicale, sono riuscito a guardarmi dall’esterno e a riflettere meglio da dove sono partito, come sono arrivato, a chi devo qualcosa. Infatti è pieno di dediche: agli amici, al grande amore, a mia madre Cristina”. 

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Il passato difficile

In molti brani si mette a nudo parlando di tanti drammi familiari e della sua giovinezza come la brutta fine che hanno fatto alcuni amici. Il suo mondo era “difficile”, ma non è sempre stato solo una vittima, a volte ha anche fatto il carnefice “per difendermi”: “Dovevo dimostrare la mia superiorità, sono cresciuto tra furfanti e delinquenti”. È stata la mamma a fargli capire cos’era il bene e cos’era il male, ma non solo. Gli ha insegnato “ad accorgermi delle persone invisibili, a ricordarmi del prossimo. E me lo ha insegnato con l’esempio: ha ospitato a casa bambini di famiglie in difficoltà anche quando noi stessi eravamo disperati”.

Il trasferimento a Milano

Poi si è trasferito a Milano: “Quando sono passato dalla bolla della romanità alle multinazionali milanesi della discografia ho dovuto camuffarmi, cambiare modo di parlare, di pormi, di reagire. Due ore prima di ogni appuntamento andavo a comprare un vestito superpreciso e un paio di scarpe lucide, perché l’abito è il primo modo di presentarsi al mondo senza parlare”.

Una vita che non rispettava davvero la sua: “Ogni volta che oggi torno dove sono cresciuto e da uomo vedo le conseguenze spesso tragiche della periferia, della vita spericolata, penso di essere un miracolato. La mia grande fortuna è stata aggrapparmi allo spiraglio della musica”.

Poi è arrivato Sanremo

Arriviamo al primo Festival di Sanremo: “Quando nel 2019 ho detto che ci volevo andare, nessuno era d’accordo: ‘Sei un pazzo, continua con la trap’. E invece io avevo Rolls Royce pronta da un anno e mezzo, anche due, non l’avevo fatta uscire perché avevo capito che meritava un palcoscenico importante. Quell’edizione era ancora alla vecchia maniera: grandi voci, grandi canzoni che non contemplavano un pezzo così. Prima, ci fu la sorpresa dei giornalisti, che al preascolto definirono la canzone la nuova ‘Vita spericolata’, dopodiché dissero che inneggiava al consumo di droga. A parte che era una scemenza, però non fu semplice da gestire. Ero un ragazzo che si approcciava al mainstream, al pubblico vero, a dieci milioni di persone, con un brano completamente diverso dal mio repertorio solito, e per un mese dovetti difendermi da un’accusa infondata. È stata un’esperienza quasi scioccante e pazzesca insieme”.

L’anno dopo subito ha ripetuto l’esperienza, nonostante anche lì tanti glielo sconsigliavano: “Sapevo che avevo tenuto il freno a mano tirato. Con ‘Me ne frego’ ho costruito uno spettacolo in tre minuti, ho condensato un concerto di due ore in un solo brano”. L’ispirazione per la tutina? “Le grandi star italiane, come Loredana Bertè che si presentò all’Ariston con il pancione. Volevo fare qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima e ci sono riuscito”. E sogna anche in grande, proprio riguardo a questo palco che per lui ha fatto tanto: “La direzione artistica di Sanremo, ma non ho fretta”. 

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Al momento è single

Si passa a temi più personali, con Lauro che ammette di essere single e non volere storie. “Perché hanno bisogno di cure e attenzioni, e io potrò darle solo quando non avrò distrazioni. Ho ambizioni gigantesche, sogno in grandissimo: mi piacerebbe arrivare all’estero, fare moda… Chi mi immagina a sbocciare bottiglie della nightlife milanese, si sbaglia di grosso. Sono un ossessivo compulsivo che coglie ogni opportunità. Non è avidità, è che credo nella mia passione, nel darsi a quella passione”. 

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