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19 Febbraio 2021
Redazione 105
Uno studio condotto da alcuni scienziati dell’Università di Zurigo e pubblicato sulla rivista Proceeding of the Royal Society B ha osservato la vita sociale di alcuni esemplari di giraffe della Tanzania con il fine di valutarne gli impatti sulla loro qualità della vita e sulla longevità.
“La possibilità di contare sul supporto di altri esemplari – spiega Barbara König, docente di Comportamento animale presso l’Università di Zurigo – sembra avere un impatto maggiore sul tasso di sopravvivenza delle giraffe rispetto all’accesso al cibo, alla presenza umana e ad altri fattori”. Il team ha valutato per lunghi dieci anni i comportamenti delle giraffe Masai della Tanzania, l’animale più alto del mondo (sulla terra ferma). Osservando gruppi di circa 60/90 femmine adulte hanno notato la tendenza a formare sottogruppi per affrontare meglio alcune situazioni di vita.
Le giraffe Masai sono considerate a rischio di estinzione dall’Unione internazionale per la conservazione della natura, con circa 32.550 esemplari in natura. I piccoli gruppi sociali si potrebbero aiutare tra loro condividendo informazioni sulle possibili fonti di cibo o cooperare per crescere i piccoli o ancora unirsi per essere più forti contro le molestie dei maschi che a quanto pare esistono anche tra le giraffe. Tutto questo ci suona estremamente famigliare. A differenza degli esseri umani, però, le giraffe possono trascorrere anche 20 ore al giorno masticando foglie e ramoscelli di acacia.
Un’altra peculiarità della specie è l’alta mortalità infantile, non per cause naturali, ma per il grande numero di giraffe uccise nei primi mesi di vita dai predatori; pare che la metà dei cuccioli venga fatta fuori entro i primi 6 mesi di vita. Legami saldi tra giovani madri assicurano ai piccoli una maggiore sicurezza, aiutando la conservazione della specie. Viva la sorellanza tra giraffe e lunga vita alla loro specie, da loro l’essere umano dovrebbe solo prendere spunto.