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22 Giugno 2021
A luglio l’Unesco ufficializzerà la decisione sui cui già si hanno indiscrezioni: durante la prossima sessione del Comitato del World Heritage, che si terrà a Fuzhou, in Cina, la Grande Barriera Corallina sarà inserita nell’elenco dei siti naturali “a rischio”. Questa dicitura si usa per indicare arre patrimonio dell’umanità che sono minacciate da emergenza clima oppure guerre e contingenze politico-economiche. Il governo australiano non ha apprezzato la mossa dell’Unesco e crede che sia “un’azione accelerata a tutti i livelli possibili”. La ministra dell’Ambiente Sussan Ley ha dichiarato di aver già telefonato alla direttrice generale dell’Unesco Audrey Azoulay insieme alla ministra degli Esteri australiana Marise Payne. A suo dire il governo australiano si sarebbe “fortemente opposto” alla raccomandazione e anzi ne sono rimasti profondamente stupiti, visto che i funzionari Onu avevano assicurato che questo passo non sarebbe stato fatto quest’anno. Secondo l’Australia la raccomandazione è arrivata in seguito a interferenze politiche da parte della Cina che guarda caso ospiterà la 44ma sessione del comitato Unesco. I rapporti tra Pechino e Canberra non sono dei migliori: “Ci appelleremo, ma la Cina ha molto potere, il meeting si svolge in casa loro, quindi non abbiamo molte speranze”, ha spiegato una fonte governativa anonima alla stampa. Gli attivisti, invece, sono d’accordo con ‘Unesco e secondo loro Canberra non ha fatto abbastanza per contrastare i cambiamenti climatici e le ondate di caldo anonimo avrebbero favorito il fenomeno del “bleaching”, lo sbiancamento dei coralli che può portare alla loro morte. Si tratta della prima volta che un un sito del patrimonio mondiale naturale viene inserito nell’elenco “a rischio” per colpa della crisi climatica e dei suoi impatti.