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14 Febbraio 2023
Redazione 105
Agli inizi degli anni 2000 il nipote di un noto imprenditore di Gallipoli finisce in gravi problemi di carattere economico; tanto che il facoltoso zio gli elargisce una generosissima donazione: 1,5 miliardi di lire, circa 800mila euro per rimettersi in piedi. Niente male. Solo che a 20 anni di distanza, lo zio rivuole tutto indietro perché a suo dire il nipote "è indegno", a causa di “ripetuti episodi di ingratitudine e numerose offese”.
Secondo i legali dell'imprenditore, l’uomo sarebbe venuto a conoscenza di ”gravi ingiurie ai suoi danni in presenza di terzi contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, si attenderebbe in funzione ed in conseguenza dell’importante donazione". Lo zio fa appello a una norma che prevede la restituzione di una donazione formale se si verifichi "l'indegnità" del beneficiario. Il nipote, però, controbatte che si trattava di una donazione informale, senza testimoni e quindi "subìta" dal nipote e non accettata.
Pare che quando lo zio abbia avuto a sua volta bisogno di un aiuto economico, non solo il nipote si sia rifiutato, ma lo abbia anche dileggiato: l’uomo avrebbe chiesto al nipote 5mila euro non avendo liquidità per le spese correnti e il pagamento di alcune bollette. “Prima di allora – scrivono i legali dell’imprenditore – lo zio aveva chiesto un centesimo al nipote. Questi, alla richiesta, non solo oppone un fermo diniego ma inizia a deridere, ingiuriare e offendere l’uomo presso amici, parenti e conoscenti”. Il nipote nega tutto e si definisce “persona morigerata, che ha manifestato nei confronti dello zio un affetto incondizionato e disinteressato, che ha avuto sempre atteggiamenti di rispetto e riverenza essendo una persona altamente sensibile”. Quale sia la verità tra le due versioni opposte, è difficile dirlo, certamente ci sarà una verità processuale e sarà il giudice a sentenziarla e decidere se il denaro andrà restituito o meno.