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Massimo Picozzi racconta la storia di Cristina Mazzotti

“C.S.I. Milano”, la storia della studentessa milanese sequestrata e uccisa dalla ‘ndrangheta nel 1975

Massimo Picozzi racconta la storia di Cristina Mazzotti

Fonte: ANSA

22 Marzo 2023

Redazione 105

Massimo Picozzi, nel consueto appuntamento in diretta con Tony e Ross, ha parlato di un caso riaperto dopo 47 anni riguardante la storia di Cristina Mazzotti, una studentessa milanese sequestrata e uccisa dalla ‘ndrangheta nel 1975. Gli eventi risalgono alla stagione dei rapimenti, un periodo durato dieci anni della storia italiana in cui furono rapite quasi 500 persone.  Le cause andrebbero ricercate nel vuoto di controllo del territorio conseguente alla fine della Seconda guerra mondiale, così che le organizzazioni criminali come la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta ne approfittarono per aprire filiali al nord. 

Il fenomeno si è poi trasformato in rapimenti “toccata e fuga”. Questo perché, spiega l’esperto criminologo, la legge assunse metodi più efficaci e diretti per bloccare i beni della famiglia colpita. Dunque, i banditi sapendo di non poter più accedere al patrimonio dei rapiti, si accontentavano dei soldi pronti in liquidità. 

Durante la puntata, Massimo Picozzi si sofferma anche sulla figura di Epaminonda, criminale e collaboratore di giustizia italiano, che ricorda di aver avuto come paziente. All’epoca Picozzi era il Responsabile Sanitario del carcere di Busto Arsizio nella sezione di massima sicurezza, la stessa dove si trovava il famoso criminale. In qualità di responsabile, si occupava di consegnare i farmaci ai detenuti di questo settore e di controllarne l’integrità. D’altronde era il periodo della morte di Michele Sindona, per via di avvelenamento di una tazzina di caffè. 

Tornando alla storia di Cristina Mazzotti, la scelta su chi rapire nasceva in parte da un passaparola e in parte dalle consultazioni di quotidiani di finanza. La ragazza era figlia di un facoltoso industriale svizzero, al quale fu richiesta in un approccio telefonico come cifra di riscatto 5 miliardi di lire. Per Picozzi la prigionia è un crimine assolutamente spregevole oltre che per la violenza, anche per la gran dose di vigliaccheria in chi lo pratica. 

La ragazza fu tenuta prigioniera per circa un mese, in una fossa scavata di un metro e mezzo di altezza per due metri e mezzo di lunghezza e un metro e mezzo di ampiezza. L’altezza così bassa le impediva di stare in piedi e le pareti della fossa erano interamente cementificate. Ciò che contraddistingue questo tipo di rapimento dagli altri è il fatto che questi criminali utilizzavano sostanze dopanti e tranquillanti per tenerla buona e risvegliarla. Dopo un mese di questo tipo di trattamento, la sera prima che papà Mazzotti pagasse il riscatto, il cuore di Cristina smise di battere. 

Il caso fu riaperto grazie alla sentenza della Cassazione del 2015 che affermava in parole povere: “l’omicidio non si prescrive quindi ci potete tornare”. Le indagini le ha coordinate Alberto Nobili, un magistrato che Picozzi ha avuto l’onore di conoscere e con cui ha lavorato per un caso. Nel 2007 si scoprirono delle impronte digitali nell’auto del rapimento, ma che non è stato possibile attribuire per mancanza di informazioni necessarie nella banca dati. Dunque, nel 2012 il caso venne archiviato per insufficienza di prove. 

Ascolta qui sotto l'intervento completo di Massimo Picozzi in diretta a 105 Friends!

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