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“Ho giocato 30.000 ore con i videogiochi”: la dipendenza di Mario

I problemi veri sono arrivati con i giochi online, con Mario che ha iniziato ad avere pensieri di tipo paranoico

“Ho giocato 30.000 ore con i videogiochi”: la dipendenza di Mario

Credits: Getty Images

24 Aprile 2024

Redazione 105

Una dipendenza di cui raramente si parla, ma che può distruggere la vita: quella dei videogiochi. A raccontarla a Today.it è Mario (nome di fantasia), 31 anni della provincia di Brescia. Tutto per lui è iniziato durante l’adolescenza ed è proseguito per anni: “Ho passato dai 14 ai 25 anni a giocare con i videogiochi online, perdendo oltre 30.000 ore della mia vita. Sono stato così male da non voler più vivere. È capitato a me, ma questa cosa succede anche ad altri. Si viene risucchiati in un circolo vizioso dal quale è praticamente impossibile uscirne da soli, bisogna farsi aiutare”.

Già da piccolo i videogiochi erano un suo pallino, all’inizio con una console portatile, poi con il computer e dopo sono arrivati gli smartphone: “Giocavo per 8 - 10 ore al giorno, anche di notte. Ero arrivato al punto di portarmi un gioco sul cellulare anche quando uscivo con gli amici, quando andavamo al cinema, a giocare a biliardo o al ristorante. I videogiochi erano diventati la mia ragione di vita”. La situazione è però peggiorata successivamente: “I problemi veri sono arrivati alle superiori, a 14 anni, quando ho conosciuto i giochi online. Mano a mano che crescevo diventavo sempre più introverso, mi chiudevo al mondo esterno. Poi ho iniziato ad avere pensieri paranoici, a lasciare i lavori perché stavo male, a non voler più vivere”. 

Nel 2015, a 23 anni, il padre l’ha convinto a rivolgersi a un centro di cura specializzato ma non è bastato perché Mario non ci credeva più di tanto. Nel 2017, invece, si è reso conto di quanto fosse grande il suo problema tanto da pensare al suicidio. Così ha provato a farsi aiutare, anche perché i problemi si erano estesi al di fuori dei videogiochi: “Inizialmente alternavo periodi in cui stavo bene a periodi in cui avevo pensieri di tipo paranoico. Credevo che tutte le persone che incontravo fuori casa, anche quelle che non conoscevo, volessero in qualche modo inviarmi un messaggio in codice per farmi capire che loro sapevano qualcosa di me. Stare in luoghi affollati, fare la spesa, uscire, mi faceva stare malissimo. Con il passare degli anni questi pensieri sono diventati sempre più forti e mi venivano sempre più spesso. Volevo farla finita”.

Mario ha avuto anche dei sintomi fisici, somatizzando con forti crampi alle gambe. Di notte, poi, faceva fatica a dormire a causa di bruttissimi pensieri. Smettere da soli? È praticamente impossibile, come ammette lui stesso: “È difficile accorgersi da soli quando inizia a diventare una dipendenza, c’è una linea sottilissima di confine ed è praticamente impossibile uscirne da soli”. La sua storia è emblematica ed è la stessa di tanti altri ragazzi. I dati parlano chiaro: almeno 700.000 adolescenti sono a rischio dipendenza da web, social e videogame, 500.000 dei quali dal gaming. 

Cosa scatena tutto questo è difficile da dirlo: “Nel mio caso i videogiochi bilanciavano la mia bassa autostima. Però più diventavo bravo nei videogiochi, più mi isolavo. Più mi isolavo, più la mia autostima si abbassava. Più la mia autostima si abbassava, più giocavo. Un circolo vizioso. Ma questo è solo uno dei tanti motivi”. Il percorso per uscirne è stato difficile e lungo: è entrato in comunità a 25 anni e c’è voluto tanto tempo: “Ho dovuto sputare sangue per stare meglio, ci sono voluti anni di terapia. I primi risultati sono arrivati dopo qualche mese. Poi più si va avanti meglio si sta”. Oggi Mario sta bene e ha cambiato vita, anche se lavora con il computer. Il tempo libero però lo passa all’aria aperta o con gli amici ed il peggio è alle spalle.

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