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Gigi Buffon: “Con Alena Seredova era una storia ormai alla fine”

“La mia vita è stata davvero così: cadere, rialzarsi. Ho fatto errori, come tutti, e non li ho mai nascosti”

Gigi Buffon: “Con Alena Seredova era una storia ormai alla fine”

Credits: Instagram @gianluigibuffon

19 Novembre 2024

Redazione 105

Gigi Buffon si è raccontato nel corso di un’intervista al Corriere della Sera, ripercorrendo la sua carriera e la vita personale tra tanti alti, ma anche qualche momento molto difficile. 

Esordi in Nazionale

Si inizia dagli esordi in Nazionale, una lunghissima storia d’amore: “Non avevo ancora compiuto 15 anni. Fui convocato con la Under 16 per giocare a Edimburgo, contro la Scozia. Era la prima volta in uno stadio britannico: gli spalti in legno, tifo indiavolato, un muro di trentamila persone addosso. Nebbia. Ero in panchina. Si mise a nevicare. Prato tutto bianco. Il mister mi chiamò: ‘Buffon, tocca a te’”.

 
 
 
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Esordio in Serie A

Come dimenticare anche l’esordio in Serie A. Avvenne nel 1995 a 17 anni in una partita tutt’altro che semplice: con il Parma primo in classifica, contro il Milan a pari merito. “Nel sottopassaggio incrociai gli sguardi di Weah, Boban, Costacurta, Baresi. A un certo punto sentii una pacca sulla spalla. Era Paolo Maldini, che mi incoraggiava. Anche lui aveva esordito in A da ragazzino: sapeva cosa voleva dire. Non ho mai dimenticato quel gesto. Paolo Maldini non è stato soltanto un calciatore immenso; ha le due qualità che ammiro di più in un uomo, lealtà e coraggio”.

 
 
 
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I campioni affrontati

Maldini fu solo uno dei grandissimi contro cui ha giocato. Il più forte? “Ho giocato con tre generazioni, come faccio a dirlo? Zidane, Ronaldo, Messi, CR7, Iniesta...”. Ma se proprio deve sceglierne uno è Neymar. “Per il giocatore e il ragazzo che è, avrebbe dovuto vincere cinque Palloni d’Oro”. Con lui giocò insieme al Psg, inseguendo quella Champions mai alzata al cielo nemmeno con la Juve nonostante le tre finali giocate.

 
 
 
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La depressione

Quella contro il Milan nel 2003 persa ai rigori Buffon la ricorda bene perché dopo pochi mesi cadde in depressione: “Era la fine del 2003, il campionato era cominciato bene, poi cominciammo a perdere colpi e stimoli. Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down. Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio”. Poi accadde anche in campo. “Un attacco di panico. Sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita”.

Tuttavia non è finita lì: “Il problema rimaneva. Il dottor Agricola fece la diagnosi, poi confermata dalla psicoterapeuta: depressione. Rifiutai i farmaci. Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente. Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio. Fu allora che scoprii la pittura. Andai alla Galleria d’arte moderna di Torino. C’era una mostra di Chagall. Presi l’audioguida. Davanti alla Passeggiata rimasi bloccato per un’ora. È un quadro semplice, raffigura Chagall con la moglie Bella mano nella mano; solo che lei vola. Il giorno dopo, tornai. La cassiera mi disse: guardi Buffon che è la stessa mostra di ieri. Risposi: grazie, lo so, ma voglio rivederla”.

Gli errori e le debolezze

Non fu facile guarire: “La mia vita è stata davvero così: cadere, rialzarsi. Ho fatto errori, come tutti, e non li ho mai nascosti”. Non si può non citare in questo senso il diploma comprato: “Avevo il complesso di non essermi diplomato. Mi sentivo in colpa verso i miei genitori, volevo iscrivermi all’università. Stavo facendo un massaggio defaticante, e i due massaggiatori, due Lucignolo, mi dicono che ci pensano loro, che tutti i calciatori fanno così... Insomma, mi procurarono un diploma falso. Un’ingenuità incredibile. Che ho pagato”.

E poi c’è il capitolo scommesse. “Sono state una mia debolezza, fino a quando non ho trovato il mio centro. Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale. Infatti non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scommesso sulla Juve o sulla Nazionale o sul calcio. Ho sempre e solo scommesso sul basket americano e sul tennis. Ora al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò. Ma non ne sento il bisogno”.

L’amore per Ilaria D’Amico

Infine capitolo Ilaria D’Amico, che ha sposato quest’anno. Tutto iniziò “dopo la partita con il Milan che decise lo scudetto del 2012, quella del gol non convalidato a Muntari. Ilaria mi fece una domanda capziosa: ‘Buffon, se si fosse accorto che la palla era entrata, l’avrebbe detto all’arbitro?’. Non sono mai stato un ipocrita. Risposi che non mi ero accorto che la palla fosse entrata, e se me ne fossi accorto non credo che l’avrei detto. Scoppiò un putiferio”. Poi però dopo questo imbarazzo iniziale “tempo dopo ci siamo trovati in un ospedale, a un evento di beneficenza. Abbiamo cominciato a parlare. E ho capito che la donna algida che vedevo in tv era in realtà dolcissima”. All’epoca era sposato con Alena Seredova: “Era una storia ormai alla fine, attraversata da una crisi profonda. Ma mi ha dato un grande dolore farla soffrire, far soffrire i nostri figli. Oggi sono felice che Alena abbia un’altra famiglia: ha fatto una figlia, ha un uomo al suo fianco. Credo che Alessandro abbia reso i miei figli persone migliori di come sarebbero stati se fossi rimasto a casa con le nostre infelicità; così come Ilaria ha fatto molto per i miei. Lei aveva già Pietro, insieme abbiamo avuto Leopoldo”.

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