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Credits: Getty Images
20 Novembre 2024
Redazione 105
Hai mai avuto la sensazione che il tuo telefono ti stia “spiando”? Stai pensando di comprare un nuovo computer e puff, d’un tratto ogni volta che navighi appaiono davanti ai tuoi occhi dispositivi e offerte di ogni tipo. Il dubbio che qualcuno ti “ascolti”, quindi, è legittimo. D’altronde il microfono c’è, ed è lo stesso che risponde quando interpelli “Siri”: perché non dovrebbe inviare i tuoi discorsi a una sede di raccolta centrale a fini pubblicitari? Per fortuna, spiega Stephen Johnson su LifeHacker, non è ciò che accade: la risposta ai nostri dubbi è un’altra. “Siri” risponde perché il telefono è in grado di ascoltare parole specifiche (dette “di attivazione”): è solo attraverso quelle che il sistema si attiva.
Le nostre conversazioni non vengono quindi trasmesse a società pubblicitarie lontane per agevolare la raccolta dei nostri interessi: oltre a violare una serie di norme sulla privacy, il processo sarebbe davvero difficile da gestire a causa del “rumore” assordante. Gli inserzionisti sanno già tutto, a prescindere dalle nostre conversazioni: le app, il telefono, i pc, tutti i dispositivi “smart”, sono in grado di raccogliere moltissimi dati, ma tramite altri metodi. Dalla posizione, alla cronologia delle ricerche e di navigazione, così come a quella degli acquisti e al modo in cui interagiamo fisicamente con i device. Si tratta di informazioni preziose che le aziende pubblicitarie possono “acquistare”, ovviamente senza identificare il nostro nome o indirizzo. Il processo si chiama “impronta digitale” e permette agli inserzionisti di tracciarci.
La questione dell’ascolto “vocale” però, non è del tutto campata in aria. Di recente negli Stati Uniti è scoppiato il caso di un’azienda che pare abbia offerto ai suoi clienti alcune soluzioni pubblicitarie ottenute tramite ascolto in tempo reale ed elaborazione tramite AI delle conversazioni degli utenti. A denunciare ciò che stava accadendo è stata la testata 404 Media, che con la sua inchiesta ha costretto l’azienda in questione a bloccare i suoi propositi.
Esistono alcuni modi per tutelare la nostra privacy. Tutti i sistemi operativi e browser sono diventati, da questo punto di vista, più robusti, e ci danno la possibilità di nascondere i nostri dati ai tracker, anche di default, tramite una modifica delle impostazioni. Inoltre, è adesso possibile disattivare la pubblicità “mirata”: gli annunci restano, ma non sono basati sui nostri identificatori.
Sebbene sia quindi difficile pensare a un uso del tutto privato dei nostri dispositivi “smart”, esistono dei modi per tutelare il più possibile la nostra esperienza digitale. Leggere le condizioni proposte dai vari siti prima di premere “accetta” è sicuramente un primo importante passo.