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Credits: Instagram @giorgiolocatelli1
24 Aprile 2025
Redazione 105
Giorgio Locatelli, chef stellato e volto noto della cucina italiana all’estero, ha recentemente chiuso la sua celebre Locanda a Londra. Il cenone di Capodanno è stato l’ultimo servizio, una decisione maturata dopo anni di lavoro intenso come racconta al Corriere della Sera: “Eravamo aperti tutti i giorni con uno staff di 76-84 persone da gestire: troppa pressione. Il sabato dopo l’addio io e mia moglie Plaxy ci siamo resi conto che quello era il nostro primo weekend libero dal 2002”. La scelta è arrivata come liberazione da un ritmo insostenibile, ma anche come apertura verso un nuovo capitolo professionale.
Il prossimo passo sarà Locatelli’s, un ristorante all’interno della National Gallery di Londra, che aprirà il 10 maggio insieme al Bar Giorgio e a un club privato. L’atmosfera sarà meno stressante e le responsabilità più equilibrate: “Io dovrò motivare il personale, non pagarlo. A quello penseranno i partner. Finalmente posso dedicarmi solo alla cucina: non sono un bravo businessman. Anzi, sono terribile con i soldi…”.
Locatelli ha vissuto momenti indimenticabili come la cena con re Carlo al Quirinale, evento che ha avuto anche un valore personale: “Il presidente della Repubblica mi ha chiamato per nome e ha detto che gli piace ‘MasterChef’, che onore!”.
Il celebre chef confessa anche qualche follia economica: “Una coppia mi ha dato 25 mila sterline (30 mila euro, ndr) per preparare due piatti di tagliolini al tartufo bianco a Doha”. E ammette ancora una volta di non essere mai stato un esperto in conti: “Pagavo un milione di sterline l’anno per l’affitto della Locanda, quando entravo la mattina ero già sotto di 2.500”. Nonostante i riconoscimenti, non ha mai inseguito le stelle: “Sono andato alla prima. Perché mischiarmi con quegli invasati? Ho avuto la stella per 23 anni, non mi mancherà: non cucinavo per quello, ma per il ristorante pieno”.
Locatelli riflette anche sul clima tossico che ha vissuto nei primi anni: “Rifarei il cuoco, l’unico mestiere che conosco. Ma mi eviterei un po’ di abusi: a Londra e Parigi sono stato umiliato in tutti i modi. Invece di resistere per dimostrare qualcosa, me ne andrei. Oggi quel tipo di educazione in cucina è ridicola. A volte succede ancora che i ragazzi in brigata, under 25 e col testosterone a duecentomila, si bullizzino tra di loro e tu non te ne accorga. Ma non è una scusa, bisogna intervenire e governare dando l’esempio: no umiliazioni”.