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credits: Getty Images
16 Maggio 2025
Redazione 105
L’arte contemporanea non smette mai di stupire, soprattutto quando riesce a mettere in discussione i suoi stessi confini. È il caso di Salvatore Garau, artista sardo classe 1953, che con la sua opera Io Sono ha portato all’estremo il concetto di arte immateriale. Si tratta di una scultura che non si vede e non si tocca, ma che secondo il suo autore esiste eccome: fatta di aria e spirito, è stata venduta all’asta per quasi 15.000 euro.
Io Sono non ha una presenza fisica, ma unicamente concettuale. Non è accompagnata da nessun oggetto tangibile: ciò che ha ricevuto l’acquirente è un certificato di autenticità, che specifica anche come e dove “esporla”. Garau non considera questo un paradosso, anzi: ritiene che sia proprio il vuoto a rendere l’opera potente, perché capace di stimolare la riflessione e la percezione dello spettatore.
L’idea di un’arte che supera la materia non nasce con Garau. Prima di lui, artisti come Yves Klein e Piero Manzoni avevano già sfidato i limiti del visibile. Klein, nel 1958, organizzò una mostra fatta solo di spazio vuoto, mentre Manzoni trasformò la provocazione in arte con la sua celebre Merda d’Artista. Garau si inserisce in questa tradizione, rivendicando l’arte come atto intellettuale e spirituale, non necessariamente legato a oggetti o materiali.
Io Sono è anche una risposta al mondo dell’accumulo e del consumo, in cui spesso il valore è legato a ciò che si può possedere fisicamente. L’opera invita a considerare l’intangible come fonte di significato, sottolineando che anche ciò che non si vede può avere un impatto profondo. In un certo senso, Garau pone una domanda scomoda: cos’è davvero l’arte? Serve davvero qualcosa da appendere a un muro?
Non mancano gli scettici, che vedono nell’operazione di Garau una provocazione fine a se stessa, se non addirittura una truffa. Ma è proprio questo il punto: un’opera come Io Sono divide, discute, spinge a interrogarsi. Ed è qui che risiede il suo valore. Come disse Duchamp, se un artista definisce qualcosa come arte, allora può esserlo. Garau non fa che portare questo principio alle sue estreme conseguenze.