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04 Giugno 2025
Redazione 105
Ogni giorno, innumerevoli contenitori di yogurt intonsi, sacchetti di verdure fresche e pane appena sfornato finiscono nella spazzatura. Spesso, non è il cibo in sé, ma una piccola data stampata sull'etichetta. Gettare via il cibo scaduto è diventata quasi una routine automatica, ma se l’idea di scadenza ci stesse spingendo a un enorme e inutile spreco alimentare a livello globale? Quasi il 40% del cibo prodotto, infatti, finisce in discarica, evidenziando problematiche sistemiche nella distribuzione e nell'utilizzo delle risorse alimentari.
La radice del problema risiede spesso nelle etichette di scadenza. Nonostante la credenza comune, queste date raramente riflettono la reale sicurezza del cibo. Furono introdotte nel secondo dopoguerra per aiutare i rivenditori a gestire le scorte. Solo in seguito, i consumatori iniziarono a richiederle, trasformandole in uno strumento di marketing per indicare la freschezza piuttosto che la sicurezza alimentare.
Oggi, espressioni come "da consumarsi preferibilmente entro" generano una confusione dilagante che porta i consumatori a gettare il cibo in anticipo per sicurezza. La realtà è che la maggior parte degli alimenti può essere consumata settimane dopo la data indicata sull'etichetta, con rare eccezioni come i salumi, l’uovo, il latte, le insalate preconfezionate che richiedono più attenzione. Gli stessi rivenditori e produttori subiscono perdite finanziarie enormi, proprio dovute alla necessità di scartare tali prodotti, con costi poi che si riversano sui consumatori.
Fortunatamente, ci sono segnali di cambiamento. Alcune aziende si stanno impegnando a salvare prodotti esteticamente imperfetti o vicini alla scadenza. Addirittura negli Stati Uniti alcune associazioni hanno introdotto un sistema di etichettatura più chiaro con "best if used by" (per la qualità) e "use by" (per la sicurezza), sebbene la sua diffusione sia ancora limitata.