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credits: Getty Images
05 Dicembre 2025
Redazione 105
L’idea che denaro e felicità siano collegati ha alimentato discussioni per oltre un decennio. Per anni si è citato il lavoro di Daniel Kahneman e Angus Deaton, secondo cui la soddisfazione personale aumenta con il reddito solo fino a una soglia, individuata in circa 75.000 dollari l’anno. Oltre questo punto, il benessere sembrava stabilizzarsi.
Nel 2021, il lavoro di Matthew Killingsworth, basato su migliaia di partecipanti, ha demolito questa certezza. Secondo i suoi dati, il benessere cresce anche a livelli di reddito molto elevati, senza segni di plateau. Un confronto inevitabile con i risultati precedenti, che ha aperto la strada a una collaborazione scientifica inattesa.
Per risolvere la contraddizione, Kahneman, Killingsworth e Barbara Mellers hanno scelto una adversarial collaboration, una metodologia rara ma efficace per unire punti di vista opposti: “Questo tipo di collaborazione richiede un livello molto più alto di autodisciplina e precisione di pensiero rispetto a quanto accade nella procedura standard. Collaborare con un avversario, ma anche con un non-avversario, non è facile, ma è più probabile che entrambe le parti riconoscano i limiti delle proprie conclusioni”.
Analizzando più a fondo i dataset, il team ha scoperto che le conclusioni del 2010 non erano errate: semplicemente si applicavano solo a una parte della popolazione. Le persone già molto infelici mostrano un beneficio crescente dal reddito solo fino a un certo livello, oltre il quale la curva si appiattisce. Per tutti gli altri, invece, la felicità continua ad aumentare proporzionalmente al reddito, confermando l’ipotesi del 2021.
Il nuovo modello riconcilia due visioni in apparenza inconciliabili. Eppure, anche queste conclusioni hanno un limite importante: la felicità dipende da un mosaico di fattori che include salute, relazioni e significato personale. Come ricorda Killingsworth: “Il denaro è solo uno dei tanti determinanti della felicità. Non è il segreto per la felicità, ma può probabilmente aiutare un po’”.
Il risultato finale abbandona dunque l’idea di una regola valida per tutti e mette in luce una dinamica più complessa, nella quale il denaro può contribuire al benessere, ma non può sostituire ciò che dà profondità alla vita.