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Revenge porn: Facebook tenta di arginare il fenomeno sui social

La soluzione è il photo-matching. Ma Playboy provoca: basta non scattare immagini esplicite di sé.

Revenge porn: Facebook tenta di arginare il fenomeno sui social

06 Aprile 2017

Negli ultimi tempi, negli Usa come qui in Europa (vedasi il caso di Tiziana Cantone in Italia) sta prendendo sempre più piede una piaga legata al mondo dei social e di internet: il revenge porn. In che cosa consiste questo fenomeno? La risposta è molto semplice: è la condivisione non consensuale di immagini intime quali foto di nudo o video di sè in atteggiamenti che sarebbe meglio rimanessero limitati all'intimità.


La questione ha assunto una rilevanza tale da chiamare in causa Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, canale principe di diffusione contenuti,  per porre rimedio alla faccenda. Oltre alle pratiche già presenti, la soluzione più efficace trovata fino a questo momento è il photo-matching. Ad oggi nei casi di porno-vendetta la procedura consiste nella segnalazione dell’immagine fuori luogo, che viene esaminata da un team operativo specifico e, qualora venga ritenuta compromettente, viene rimossa. L’account colpevole della condivisione verrà a sua volta esaminato e nel caso addirittura eliminato.

Con il nuovo strumento annunciato, Facebook sarà in grado anche di rilevare in contemporanea sulla piattaforma, su Messenger e su Instagram se altri utenti stiano condividendo l’immagine incriminata così da bloccarli tempestivamente, evitando l’effetto domino. Tuttavia si parla sempre di un intervento a posteriori, una volta che il danno è stato già fatto. Un ulteriore punto debole del photo-matching è che non è in grado di agire per quelle immagini che vengono condivise all’interno di gruppi privati.


Dulcis in fundo, sul tema si è espresso anche il gigante del settore erotico, Playboy, che riguardo a contenuti espliciti per adulti ha le credenziali per poter dire la sua. Sebbene Playboy condivida la scelta di Facebook di arginare il fenomeno del revenge-porn, commenta con ironia il tutto sostenendo che l’unico modo concreto per porre termine alla diffusione online di immagini esplicite di sè sia semplicemente evitare di farle, eliminando così il problema a monte. Una risposta provocatoria per smorzare i torni su un argomento molto delicato?

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