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Per fare carriera meglio non porre domande e comportarsi “da stupidi”

Il libro “The Stupidity Paradox” analizza tutti i comportamenti irrazionali delle aziende con i loro dipendenti.

Per fare carriera meglio non porre domande e comportarsi “da stupidi”

31 Luglio 2017

Il segreto per fare carriera? Basta “sembrare degli idioti e agire da cortigiani”. La provocazione arriva direttamente dal libro “The Stupidity Paradox” scritto da André Spicer, professore di comportamento organizzativo alla Cass Business School, e Mats Alvesson, professore di amministrazione aziendale all’Università di Lund. Secondo loro la stupidità dei dipendenti in azienda paga, ma solo nel breve periodo. Quando infatti comportamenti poco razionali si prolungano nel tempo può capitare addirittura di arrivare al tracollo finanziario e al collasso organizzativo.

Nel loro testo Spicer e Alvesson analizzano tutti gli strambi comportamenti di manager e dipendenti: i primi spesso accettano atteggiamenti illogici da parte dei subalterni, per una sorta di “stupidità funzionale” che non sembra avere una spiegazione razionale. “Quando i membri di un’azienda non pongono troppe domande, le persone tendono ad andare maggiormente d’accordo e il lavoro a essere svolto in modo più efficiente” spiega Spicer.

Insomma sembra che il non affrontare i problemi sia una scelta fatta da numerose aziende, che poi però ne pagano le conseguenze. Ne sono un esempio il crac del settore bancario che ha portato alla crisi finanziaria, o il tracollo di Nokia, che non è riuscita a reggere la concorrenza dell’iPhone della Apple. “La stupidità sul posto di lavoro può creare problemi nel lungo termine, per esempio, quando le persone ignorano i problemi”. “In alcuni casi ciò non ha avuto importanza, specialmente se l’organizzazione in questione era abbastanza grande da non far rilevare il problema o nasconderlo. Ma quando i problemi si accumulavano ne conseguiva il disastro” spiegano gli autori.

Nel “Paradosso della stupidità” si cerca di dare una spiegazione a tutti quei comportamenti irrazionali sul posto di lavoro, e sul motivo per il quale vengono, il più delle volte, incredibilmente accettati. Ad esempio Spicer e Alvesson si sono accorti che molte aziende chiedono molto impegno per una presentazione in power point che risulti efficace, ad esempio, ma tralasciano l’analisi del tema, oppure di aziende più attente a mantenere un tono positivo che ad affrontare i veri problemi che le affliggono. “Abbiamo iniziato chiedendoci perché aziende importanti con persone talentuose e intelligenti potevano fare cose così stupide. Abbiamo scoperto che tali organizzazioni spesso assumono persone intelligenti e poi le incoraggiano a non utilizzare la propria intelligenza” sottolinea Spicer. “Le persone intelligenti si pongono istintivamente delle domande e pensano in maniera autonoma. Ma ciò veniva scoraggiato in maniere sottili e meno sottili. I dipendenti si sentivano rivolgere frasi del tipo ‘non pensarci, fallo e basta’ e ‘non portarci dei problemi, ma solo soluzioni’. I lavoratori intelligenti imparavano in fretta a non porsi troppe domande o pensare troppo dato che utilizzare completamente la propria intelligenza avrebbe suscitato domande imbarazzanti che avrebbero potuto infastidire superiori e colleghi. La linea d’azione più semplice spesso era continuare a lavorare” ha proseguito l’autore. “Abbiamo osservato molti processi che sbalordiscono i dipendenti come per esempio il fatto che molti leader incoraggino i propri subordinati a non pensare troppo. Altri esempi includono politiche e processi seguiti pedissequamente, operazioni aziendali di facciata che hanno più a che fare con il simbolico che con la sostanza, aziende che imitano in maniera acritica altre aziende e culture aziendali che intrappolano i dipendenti in camicie di forza mentali” ha affermato Spicer.

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