Tutto News
15 Ottobre 2018
Possiamo dire addio alle monete da 1 e 2 centesimi di euro. Dal 1 gennaio 2019, infatti, la Zecca non ne conierà più. Continueranno comunque a circolare fino ad esaurimento, e manterranno il loro valore legale. Da una parte, la notizia potrebbe essere positiva: non avremo più tra le mani queste monetine di piccolo taglio che spesso non riusciamo a distinguere. Ma dall’altra ci potrebbero essere delle ripercussioni per le nostre tasche. Si potrebbe registrare, infatti, un aumento dei prezzi.
Queste monetine non vengono spesso accettate dai distributori automatici e anche i commercianti, nel dare il resto, spesso non le calcolano. Quindi abbandonarle non dovrebbe “costarci” più di tanto. C’è un però. Vincenzo Donvito, presidente dell’ADUC, l’Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori, si interroga: “Se nel 2016, le famiglie italiane hanno speso quasi 11 miliardi e mezzo di euro per la spesa alimentare complessiva, partendo da un aumento medio dei prezzi dello 0,2% causato da un arrotondamento per eccesso (passando da 10,58 euro a 10,6 euro), si scopre che quella stessa spesa potrebbe aumentare di circa 23 milioni all’anno. Vale a dire il risparmio ottenuto dallo Stato non coniando i ramini. Vale allora la pena non produrre più queste monete?”. La norma in questo senso parla chiaro e dice che i prezzi dovranno essere arrotondati al multiplo di 5 più vicino, per eccesso o per difetto.
Sospendendo la creazione delle monete da 1 e 2 cent, lo Stato potrebbe risparmiare ben 23 milioni di euro l’anno da usare per l’ammortamento dei titoli statali. Coniandoli, infatti, si spendono circa 4,5 centesimi per le monete da 1, e 5,2 centesimi per quelle da 2. Non proprio un affare per le casse dello Stato Italiano.
La questione potrebbe essere bypassata nel momento in cui i sistemi di pagamento telematici permetteranno le transazioni, senza problematiche di resto, dei beni che finiscono con 0,99 centesimi. Purtroppo però, gli italiani nell'86% dei casi utilizzano ancora i contanti, come confermano gli ultimi dati della BCE.
Interviste