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20 Dicembre 2018
Negli ultimi anni c’è stato chi li ha definiti mammoni, ‘bamboccioni’, ‘sfigati che si laureano tardi’, e c’è stato anche chi li ha dipinti come sfaticati che non riescono ad abbandonare il nido per rendersi indipendenti e crearsi una famiglia propria. Insomma, sui giovani italiani è stato detto di tutto, spesso senza considerare i fattori relativi alla crisi del mondo del lavoro.
Ma le cose ora stanno cambiando. L’ottava indagine Eurostudent, realizzata analizzando i dati del biennio 2016-2018 e presentata dal Miur, rivela infatti una netta inversione di tendenza: i giovani italiani adesso studiano, viaggiano e lavorano molto di più di prima e molto di più della media dei coetanei europei. Questa ricerca, finanziata dal Ministero e condotta dal Cimea, ha lo scopo di tracciare il profilo dello studente italiano medio degli ultimi tre anni per confrontarlo poi, appunto, con quello dei colleghi degli altri 27 paesi europei che hanno partecipato allo studio e poter delineare quindi un quadro accurato della situazione.
L’indagine rivela che la crisi economica ha modificato nettamente le abitudini e le scelte degli studenti e delle loro famiglie: i giovani di oggi sono più dinamici e studiano circa 44 ore a settimana, il 30% in più della media calcolata in Europa e oltre la metà di loro intende proseguire gli studi dopo la laurea. Sono in crescita, inoltre, anche gli studenti che cercano di non gravare sul bilancio familiare impegnandosi in lavoretti part time che permettono loro di mantenersi in parte da soli.
Oltre a studiare di più, i giovani italiani viaggiano anche di più: circa il 20% di loro, infatti, ha partecipato a progetti di mobilità internazionale come l’ormai famoso Erasmus, avendone compreso il potenziale. Secondo le statistiche, infatti, il tasso di disoccupazione a lungo termine degli ex allievi che hanno vissuto questa esperienza di lavoro all’estero è pari al 2% contro il 4% di quelli che invece non l’hanno vissuta.
Che le università in Italia abbiano qualche problema ormai è risaputo ma nonostante questo il 79% degli studenti si è detto soddisfatto della preparazione teorica acquisita durante il percorso accademico; tuttavia, il 45% degli studenti intervistati vorrebbe ricevere una preparazione pratica maggiore, soprattutto per i corsi di laurea in discipline giuridiche.
Un altro dato interessante è la percentuale del pendolarismo, ferma al 50%: molti studenti scelgono i corsi di laurea e gli atenei più o meno vicini a seconda della situazione economica della famiglia, dunque sono in molti a spostarsi periodicamente per motivi di studio. Gli atenei più scelti sono quelli che offrono maggiori servizi: gli studenti, infatti, tendono a preferire quelli che hanno maggiore disponibilità di borse di studio e di servizi per la didattica, oltre a quelli inseriti in un contesto urbano e sociale tale da poter permettere loro di trovare anche un lavoro per mantenersi. Infine, il divario tra nord e sud è ancora molto ampio: fra gli studenti che vivono condizioni economiche difficili, quasi 1 ogni 2 ha fruito di uno o più aiuti economici, come appunto le borse di studio, le collaborazioni part time con le università e così via.
“Sono orgoglioso dei nostri studenti per questi risultati – ha commentato il Vice Ministro Lorenzo Fioramonti – sebbene ci siano alcune difficoltà storiche nel sistema universitario italiano, i nostri ragazzi riescono a farsi valere nel confronto con i colleghi degli altri paesi europei. Per questo considero ancora più significativa la loro partecipazione agli scambi internazionali”.