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20enne disabile obbligata ad abortire: la decisione choc del Tribunale inglese

Nel Regno Unito è scoppiata una polemica sul caso. La Corte d’Appello ha poi sospeso la decisione ma la vicenda non è finita.

20enne disabile obbligata ad abortire: la decisione choc del Tribunale inglese

26 Giugno 2019

Nel Regno Unito sta facendo molto discutere le decisione presa in un’aula del Tribunale di Londra il 21 giugno scorso, quando la giudice Nathalie Lieven ha emesso la sentenza che ordina l’aborto forzoso di una ventenne mentalmente disabile.

La giovane è incinta di 22 settimane e potrebbe essere dunque costretta a interrompere la gravidanza, nonostante sua madre, una donna cattolica di origine nigeriane ed ex ostetrica, si sia opposta offrendosi di prendersi cura sia della figlia che del nascituro. Ma i giudici sono stati irremovibili: “È stata una decisione straziante – ha dichiarato Lieven – ma necessaria per tutelare l’interesse della ragazza. Sono profondamente consapevole del fatto che, per lo Stato, ordinare ad una donna un’interruzione di gravidanza, nel caso in cui lei sembra non voglia, sia un’immensa intrusione, ma io devo operare nel migliore interesse della giovane, non in base alle opinioni della società in merito all'aborto”.

A emettere la sentenza choc è stata la Court of Protection, una tribunale speciale dove vengono trattati i casi nei quali sono coinvolte persone giudicate prive delle capacità mentali per prendere decisioni autonome. La ventenne in questione ha la capacità psichica di un bambino di 6 anni ed è per questo che la sua vicenda è finita in questo tribunale. La sua identità non è stata rivelata per tutelarla ma secondo quanto emerso, adesso si troverebbe in cura presso un’unità organizzativa del Servizio Sanitario Nazionale britannico. 

Nel frattempo la Polizia ha aperto un’indagine per capire come sia avvenuto il concepimento, le cui circostanze sarebbero ignote; a richiedere l’intervento delle autorità sul caso sono stati proprio i medici che avevano in cura la ragazza e che, viste le sue condizioni, hanno giudicato l’aborto come un evento meno traumatico per lei rispetto al parto e alla successiva separazione dal bambino, nel caso in cui quest’ultimo fosse stato dato in adozione. L’avvocato della madre della ragazza ha invece dichiarato: “Sebbene sia accertato che la giovane non abbia la facoltà di prendere una decisione in merito al consenso o meno all'aborto, sua madre ritiene che i medici abbiano sottovalutato la sua capacità di comprensione, e che si dovrebbe dare più peso ai suoi desideri e sentimenti”. Ma per i giudici, invece, la ventenne desidererebbe e tratterebbe un bambino nello stesso modo in cui vorrebbe e tratterebbe una bambola.

Per sostenere la madre della giovane sono intervenute diverse associazioni contrarie all’aborto, come la Life Charity, che hanno protestato contro la decisione della Corte londinese; nel dibattito sono intervenute poi anche le organizzazioni che difendono i diritti delle donne, come appunto quello relativo alla scelta di abortire, che hanno definito il caso “triste e complesso”, un caso che però, secondo loro, non dovrebbe essere utilizzato “per attaccare il diritto di scelta della donna”.

Della vicenda probabilmente si parlerà ancora a lungo, perché il 24 giugno la Corte di Appello di Londra ha accolto la richiesta degli avvocati della madre della giovane incinta: almeno per il momento, l’interruzione di gravidanza non verrà effettuata, ma la vicenda non è ancora finita. Secondo la legge inglese, una donna può decidere di abortire fino alla 24esima settimana di gestazione; dopo questo termine, l’aborto è consentito solo se esiste il rischio che il bambino nasca con gravi disabilità.

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