06 Maggio 2016
Ecco i fatti: una ragazzina disabile viene accompagnata in bagno dalle compagne quando, purtroppo, ha una crisi epilettica.
Quale sarebbe la reazione di un quindicenne “normale”? Il panico? Lo spavento? Correre a chiedere aiuto? Anche l’immobilità per lo shock verrebbe considerata più giustificabile della peggiore delle decisioni: quella di farsi un selfie mentre la compagna sta accusando un malore.
La fotografia, come prevedibile, ha iniziato a circolare fra i compagni fino ad arrivare alla preside, che ha provveduto a sospendere per tre giorni le studentesse torinesi, spedite a far volontariato.
Una volta “scoppiato” il caso sono saltate fuori anche alcune chat veramente meschine, che deridevano la compagna disabile, paragonandola alla figlia di Fantozzi.
La preside dell’istituto professionale ha commentato così la vicenda: «A scuola abbiamo un programma molto attento di prevenzione sul tema bel bullismo, e quando ci siamo accorti di quanto era accaduto abbiamo affrontato il problema. Però nei casi di bullismo occorre avere molta cautela con le vittime, perché non sentano ulteriormente il peso della diversità, e con i bulli, che sono adolescenti e spesso non si rendono conto della gravità delle loro azioni».
La stessa madre della vittima ha affermato che: «È stata una ragazzata, ma deve essere un’occasione perché tutti riflettano sul senso di solidarietà, sull’importanza di aiutarsi a vicenda, sia i ragazzi che gli adulti. Perché tutti, un giorno, potremmo avere bisogno di un aiuto, vuoi per una malattia, vuoi per la vecchiaia».
Ma perché, com’è possibile che dei ragazzi – sì giovani, ma nell’età del capire – possano perdere così tanto il lume della ragione da pensare a farsi un autoscatto in una situazione del genere, prima ancora di soccorrere la compagna che sta male o a deridere una disabile senza alcun motivo?
Vogliamo davvero continuare a sminuire comportamenti del genere come delle “ragazzate” o considerare gli adolescenti di oggi come non in grado di comprendere le loro azioni?
La colpa di chi è? La tecnologia è solo un mezzo. Chi deve educare alla diversità e all’accettazione del prossimo in un mondo in cui sempre più etnie si stanno mescolando, le preferenze sessuali non andrebbero più nascoste e i disabili sono inseriti ma ancora mal accettati dalla società?
foto da firenzepost.it