Music Biz
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17 Gennaio 2024
Redazione 105
Gigliola Cinquetti sarà ospite della finale del Festival di Sanremo che si terrà sabato 10 febbraio. Un invito che nasce per un motivo ben preciso, una ricorrenza da celebrare: festeggiare i 60 anni del suo storico brano sanremese Non ho l’età con cui poi vinse anche all’Eurovision Song Contest nel 1964. Un successo che l’ha travolta, dato che aveva solamente 16 anni e si ritrovò con quattro milioni di dischi venduti in Europa e un tour anche in Giappone.
Ha raccontato: “Non potevo uscire di casa. Si creavano assembramenti, ingorghi, isteria. A Milano, in via Manzoni, provocai un tamponamento a catena di cinque macchine. A Sanremo, la mattina dopo la prima esibizione, prima ancora della vittoria, uscii a fare una passeggiata, una ragazzina mi vide, iniziò a strillare come un’ossessa e me la trovai appesa al collo, assieme a sua madre, che mi scuoteva come fanno i bambini coi giocattoli. In niente, mi trovai addosso altre persone: volevano toccarmi, stringermi, mi strapparono il vestito. In quei tre minuti, capii che era accaduto qualcosa di irrimediabile”.
Ma poi arrivò la vittoria a Sanremo e ancor di più quella all’Eurovision: “Mi colpì l’euforia della casa discografica, che per me rappresentava il mondo degli adulti a cui tenevo perché mi trattavano con considerazione e rispetto. Poi, quando ho iniziato a fare tour in tutto il mondo, il senso di responsabilità si è focalizzato sul fatto di essere un’artista italiana, immagine del mio Paese. Un impegno enorme, ma un peso consapevole e gioioso perché incontravo gente che amava moltissimo l’Italia”.
Nonostante la popolarità, la cantante non smise di frequentare la scuola che diventò una sorta di rifugio dove respirare “un’aria più normale”: “Quello per me e i miei compagni era uno spazio nostro, inviolabile. Infatti, i giornalisti li abbiamo cacciati. A una squadra del tg, dissi, tutta puntuta: vergognatevi, dovreste occuparvi di cose serie”.
Ma come sempre il successo porta con sé anche il risvolto della medaglia: le critiche. Con l’avvicinarsi del ‘68, a qualcuno non piacquero parole come “non ho l’età per uscire da sola con te”. “Quella canzone rappresentava il mondo che i giovani volevano cambiare e non interessava a nessuno che non appartenessi a nessun mondo, che fossi un tipetto abbastanza unico. Un giovane artista, un ‘artista autentico’ venne a cercarmi apposta per dirmi in faccia: ti odio, sei tutto quello che detesto, sei falsa, ipocrita, perbenista”.
Era Luigi Tenco, cantante che si tolse la vita tre anni dopo proprio a Sanremo: “Era lui, ma non è importante che fosse lui: capii subito che la sua era una posizione ben precisa con la quale avrei dovuto fare i conti. Quello fu il mio impatto col mondo della musica e una sorta di prova del nove di un successo clamoroso: le critiche anche violente sono il rovescio della medaglia quando si arriva all’idolatria, anche quella senza senso”.