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Pino Daniele, il figlio Alessandro: “Mi mancano i nostri dialoghi”
Nel giorno che sarebbe stato il suo compleanno, Alessandro Daniele ha reso omaggio alla figura del padre
Il 19 marzo 2024 Pino Daniele avrebbe compiuto 69 anni. A ricordarlo nel giorno che è anche il suo onomastico e la Festa del papà è stato il secondogenito Alessandro Daniele. In suo onore il figlio ha allestito il Musicante award – Premio Pino Daniele, dedicato ai giovani talenti in possesso di un repertorio originale. Ha raccontato a tal proposito: “L’ho costruito sull’immagine artistica e personale di papà, come se ce l’avessi davanti. I più giovani sono sempre stati una sua priorità. E tengo molto all’aspetto del live perché papà diceva sempre ‘i ragazzi li devi fare suonare’”.
Perché Pino Daniele appartiene a tutti e la sua assenza è sempre molto forte. Alessandro ha spiegato di avere “una mia fortissima spiritualità, e quindi diciamo che fisicamente non sento una mancanza forte. È talmente vero che quando mi succede qualcosa di bello ho lo stimolo istintivo di chiamarlo, ho la sensazione in corpo che mi fa dire ‘mannaggia, sono quattro giorni che non lo sento’. Sentirlo oggi ancora così forte è per me una cosa molto bella perché me lo fa sentire vicino. Mi manca, però, moltissimo il dialogo con lui. Quella sensazione, difficile da spiegare, che provi quando ti guardi negli occhi e ti intendi all’istante. Senza parole. Quello che non ti stai dicendo, ma che stai trasmettendo all’altro”.
Tra gli oggetti a cui è più legato che erano del papà ovviamente ci sono le sue chitarre. “Da piccolo le toccavamo, anche mia sorella Cristina. Le toccavamo con le mani tutte sporche di dolci e papà non diceva nulla. Per lui erano di fondamentale importanza ma restavano sempre oggetti. L’importante è quello che tu fai con quello strumento, se lo tocchi in un certo modo tiri fuori il mondo. Papà studiava tutti i giorni più ore al giorno, anche per annullare un po’ la tecnica e riuscire a dare un’emozione. Per creare qualcosa di grande devi conoscerti, devi guardarti alle spalle. Così diventi un caposcuola. Papà non ha lasciato solo canzoni, ma delle opere con dei valori dentro”.
E se potesse, cosa gli avrebbe detto il 19 marzo? “Lo abbraccerei e gli direi auguri. Ci chiamavamo panzarotti. Ogni volta che lui saliva sul palco, io l’accompagnavo. In punta di piedi, da lontano, perché volevo che entrasse da solo ma aveva problemi alla vista. E lui prima di entrare mi tirava un pizzico alla pancia e mi diceva ‘non magnà’”.