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04 Marzo 2025
Redazione 105
4 marzo 1943 è una delle canzoni più iconiche di Lucio Dalla, un brano che ha attraversato generazioni mantenendo intatta la sua forza emotiva. Presentata al Festival di Sanremo 1971, la canzone ha una storia unica, segnata dalla censura e da un profondo significato nascosto tra le sue parole.
Il brano nasce dalla collaborazione tra Lucio Dalla e la scrittrice Paola Pallottino, che ne curò il testo. Inizialmente intitolata "Gesù Bambino", la canzone raccontava la storia di un bambino nato da una relazione tra una giovane donna e un soldato straniero durante la guerra.
Tuttavia, il testo originale fu ritenuto troppo esplicito per l’epoca e dovette subire diverse modifiche per poter essere ammesso a Sanremo. Anche il titolo fu cambiato: la data "4 marzo 1943" coincide con quella di nascita di Dalla, anche se la canzone non è autobiografica.
Nonostante le censure, il brano ottenne un enorme successo, classificandosi terzo a Sanremo e diventando un classico della musica italiana.
"4 marzo 1943" è un racconto struggente e poetico, che parla di una madre sola e del suo bambino, nato in circostanze difficili. Il testo originale conteneva frasi come: "E anche adesso che bestemmio e bevo vino, per ladri e puttane sono Gesù Bambino", poi modificata in "E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino".
Il brano riesce a trasmettere un forte senso di malinconia e umanità, rappresentando la vita di chi cresce senza un padre, ma trova comunque il proprio posto nel mondo.
Ecco il testo ufficiale della versione modificata della canzone:
Dice che era un bell'uomo e veniva, veniva dal mare
parlava un'altra lingua però sapeva amare
e quel giorno lui prese mia madre sopra un bel prato
l'ora più dolce prima d'essere ammazzato.
Così lei restò sola nella stanza, la stanza sul porto
con l'unico vestito ogni giorno più corto
e benché non sapesse il nome e neppure il paese
m'aspettò come un dono d'amore fino dal primo mese.
Compiva sedici anni quel giorno la mia mamma
le strofe di taverna le cantò a ninna nanna
e stringendomi al petto che sapeva, sapeva di mare
giocava a far la donna con il bimbo da fasciare.
E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino
per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino
e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino
per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino.
Questo testo, pur modificato rispetto alla versione originale, è riuscito a mantenere intatta la sua intensità e il suo significato profondo, conquistando il pubblico italiano e internazionale.