Music Biz
22 Gennaio 2018
Siamo stati all’anteprima di Milano di “Made in Italy”, il nuovo film di Luciano Ligabue (nei cinema dal 25 gennaio). La terza fatica nei panni del regista del cantante arriva a 20 anni esatti di distanza dal suo esordio dietro la telecamera con “Radiofreccia”, a sedici dall’uscita di “Da zero a dieci”, e vede il ritorno nei panni del protagonista di Stefano Accorsi. La storia è quella raccontata nell’ultimo, omonimo disco in studio del Liga (nella colonna sonora ci sono infatti ben sette canzoni di questo concept album), uno spunto che l’artista aspettava per tornare alla regia.
È una tormentata dichiarazione di amore verso il nostro Paese attraverso lo sguardo di Riko, un uomo onesto alle prese con una vita in cui tutto sembra essere diventato improvvisamente precario: il lavoro, il futuro, i sentimenti. Ma proprio quando tutto sembra irreparabile, Riko si dà la scossa per reagire: c'è il matrimonio con Sara (Kasia Smutniak) da salvare, ci sono le amicizie da salvaguardare e bisogna fare i conti con un mondo del lavoro sempre più ostico che mette in crisi le poche certezze.
“Made in Italy” è un film molto intenso, “sentimentale” lo ha definito lo stesso Ligabue in occasione della sua presentazione a Roma. Un’altalena di emozioni dalla quale noi abbiamo estrapolato 5 buoni motivi che potrebbero convincervi ad andare a vederlo al cinema:
1) La sincerità è spesso la molla per qualcosa di positivo: il rapporto tra Riko e Sara è caratterizzato da un grande silenzio e compromesso da una serie di bugie; quando una di queste viene a galla per volontà di Sara, il vaso si rompe e i due tornano a parlare. Arrivano furiose litigate, ma dopo la tempesta, come sempre, arriva la calma. E si innesca così una catena di eventi positivi che riporteranno il sereno nella coppia.
2) Non è mai troppo tardi per cambiare: Gran parte del film ruota attorno a questo assunto. Riko si trova davanti a delle difficoltà che sembrano insormontabili (non solo la relazione sentimentale con Sara, ma anche il lavoro e le amicizie). Tutto è reso ancora più complicato dal fatto di vivere in una realtà di provincia, una realtà consolidata che rende i cambiamenti (anche personali) spaventosi perché non si è mai certi di quello che porteranno. Oltre alla svolta nel rapporto con Sara, nel finale del film Riko troverà il coraggio di fare un passo molto importante per superare il problema del lavoro. Una decisione che potrebbe essere d’ispirazione per coloro che stanno vivendo nell’incertezza: stare fermi o muoversi?
3) L’interpretazione di Kasia Smutniak: non ce ne voglia Stefano Accorsi, che comunque resta una garanzia (non a caso Liga è tornato a puntare su di lui). Sarà il fatto che la storia questa volta ruota attorno alle vicende di una coppia o che il suo personaggio viene spinto inevitabilmente in primo piano (nei due precedenti film, nessun personaggio femminile ha avuto un ruolo centrale come il suo), ma l’interpretazione dell’attrice è veramente eccezionale.
4) E’ un buono spunto per riscoprire l’Italia (e ritrovare un po’ di orgoglio per le proprie radici): Riko ha un rapporto molto forte per il suo luogo d’origine, Correggio, e con l'Italia. Non a caso sceglie Roma come destinazione per una breve vacanza con gli amici e il nostro Paese per la luna di miele con la compagna. Un rapporto d’amore e d’odio, a dire la verità, perché al forte affetto che prova per l’Italia si contrappone la frustrazione per le ingiustizie che subiscono le persone oneste, vittime della cosiddetta “legge del furiere”. Un contrasto ben riassunto da una citazione di Cesare Pavese nel finale.
5) Una citazione inserita nel monologo conclusivo di Riko-Accorsi, l’ultima delle nostre cinque buone ragioni per andare a vedere “Made in Italy”: Avventurarsi in un parallelo con il celeberrimo monologo di “Radiofreccia” potrebbe rivelarsi rischioso. Tuttavia, ascoltare l’attore seduto ad un tavolo riflettere, inevitabilmente fa tornare in mente la scena di Freccia davanti al microfono (e forse molti fan del Liga speravano di trovare questo momento amarcord). Qui Accorsi scrive, non parla. È in un elegante appartamento, non nella sede di una radio libera. Il discorso, però, cattura. Non ci sono le rovesciate di Bonimba, i riff di Keith Richards e nemmeno Eddy Merckx, ma Cesare Pavese. Molto probabilmente tra qualche giorno troverete i vostri diari Facebook invasi da questa citazione.