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L’AI ci legge nel cervello con una precisione dell’80%

Redazione 105

Un gruppo di ricercatori giapponesi sono stati in grado di usare l’AI (l'intelligenza artificiale) a diffusione stabile per generare immagini dal nostro cervello.

Un team di ricercatori giapponesi con sede a Osaka ha utilizzato Stable Diffusion AI, un modello di apprendimento automatico profondo pubblicato nel 2022 e utilizzato principalmente per generare immagini dettagliate a partire da descrizioni di testo, per aiutare a generare immagini utilizzando scansioni fMRI di input derivanti direttamente dal nostro cervello. E i risultati sono stati sorprendenti. 

I ricercatori Yu Takagi e Shinji Nishimoto della Graduate School of Frontier Biosciences dell'Università di Osaka hanno infatti pubblicato le loro scoperte in un breve documento in cui hanno analizzato non solo i passaggi della ricerca ma anche i suoi risultati. Il team di ricerca ha presentato ai soggetti che si sono prestati una serie di immagini e, subito dopo, ha eseguito scansioni fMRI (risonanza magnetica funzionale) del loro cervello mentre si concentravano sull'immagine. 

L'immagine finale è il risultato di più parti messe assieme, tra cui un output di immagine fMRI e un decodificatore semantico che già esisteva. Tuttavia, l'aggiunta di Stable Diffusion AI sembra aver portato le immagini generate a essere molto più in linea con la fonte. 

Nonostante non sia ancora stato sottoposto a revisione paritaria, il documento presenta già alcune lacune: per esempio, almeno un individuo ha sottolineato che l'uso della decodifica semantica sta facendo un lavoro troppo invasivo e, dunque, preciso, che in qualche modo falsa il risultato finale. Inoltre, qualcuno sostiene che l'uso del testo come parte del prompt, mini l'autenticità del risultato finale come prodotto di Stable Diffusion AI. 

La decodifica semantica esiste almeno dal 2016, ma Stable Diffusion AI pare essere davvero all'avanguardia nella visualizzazione dei pensieri. O, forse, è solo un tocco esagerato di rifinitura su una tecnologia già esistente? Ai posteri l’ardua sentenza. Eppure, in tutto questo una logica sembrerebbe esserci: ricostruire le esperienze visive dall'attività del cervello umano offrirebbe infatti un modo unico per capire come il cervello rappresenta il mondo, oltre che per interpretare la connessione tra i modelli di visione artificiale e il nostro sistema visivo. 

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