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19 Novembre 2025
Redazione 105
La gestione dei conflitti si è trasferita sullo schermo del telefono: ormai è normale discutere e litigare tramite le app di messaggistica.
Questa abitudine di affrontare tensioni di coppia, o tra amici, via chat si chiama Fexting. Sembra una scorciatoia comoda, perché ci evita il peso di un confronto diretto, ma in realtà nasconde una trappola: i litigi via messaggio risultano spesso più stressanti e dannosi di un chiarimento faccia a faccia.
Il problema più insidioso del fexting è che il conflitto non finisce mai. A differenza di una discussione dal vivo che può concludersi e poi scivolare via, litigare su WhatsApp, ad esempio, lascia tracce permanenti.
Molti pensano che scrivere permetta di riflettere ed evitare di dire sciocchezze, ma spesso si finisce per rileggere e modificare la frase per renderla più tagliente o calcolata. E i messaggi restano lì, nell’archivio. Screenshot e accuse sono pronti a essere riesumati, riaccendendo il conflitto in futuro.
Così il problema non viene risolto, resta solo sospeso, trasformandosi in una forma di rancore digitale che avvelena la relazione nel tempo.
Un’altra grande insidia è la mancanza di comunicazione emotiva. Quando parliamo dal vivo, voce, gesti ed espressioni ci aiutano a cogliere le vere intenzioni dell’altro. Nello scambio di messaggi, questi segnali spariscono e siamo costretti a interpretare tutto basandoci solo sulle parole scritte.
Gli esperti, infatti, consigliano di usare la chat solo per informazioni pratiche e neutre e di interrompere lo scambio se l’argomento diventa emotivo, delicato o accusatorio.
Perché nessun messaggio, per quanto ben scritto, può sostituire un dialogo vero.