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23 Febbraio 2017
Nell’epoca del Web 2.0 è ormai abitudine diffusa esprimere i propri sentimenti in rete, condividendoli su un qualsiasi social network. È parere comune, negli ultimi tempi, considerare internet come mezzo per diffondere rabbia e odio, ma le cose stanno davvero così? Uno studio pubblicato da Wired basato su 80 milioni di tweet mappati da Voices Analytics ha analizzato la rabbia degli italiani.
L’analisi ci mostra che circa 1 tweet su 10 contiene messaggi di odio. Se da una parte è vero che la percentuale di post “arrabbiati” (8,9%) batte quelli d’affetto (7,9%), fino a inizio novembre la situazione era inversa. A cosa è dovuto quindi l’aumento dell’astio? L’attenzione ricade inevitabilmente su due fenomeni: le presidenziali americane e il referendum costituzionale, individuando nella politica il principale bersaglio della rabbia italiana.
I dati confermano: il 40,4% dei messaggi d’odio è indirizzato verso la classe politica, mentre la parte restante sono di natura misogina, con il 27,7%, xenofoba, con il 23,3%, e omofoba, con l’8,6%. Per quanto riguarda le zone invece Roma vince il primato come città più “arrabbiata” d’Italia, in testa anche su xenofobia e omofobia, a Taranto va il record negativo per i post contro le donne, mentre Milano è la città con più astio verso la classe politica.
Analizzando i dati emergono importanti correlazioni: la rabbia è collegata allo scarso livello di sicurezza percepito dagli utenti, mentre la maggior parte dei tweet negativi provengono dalla classe medio-alta, che sottolinea come l’odio non sia necessariamente collegato alle difficoltà economiche. Gli haters xenofobi invece, non appartengono alle città con il più alto numero di stranieri, confermando il fatto che sono altri i meccanismi che generano un aumento dell’odio verso gli extracomunitari.
Foto da Flickr.com