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Davide Astori non sarebbe morto nel sonno: ecco la perizia ufficiale

La perizia effettuata ha smentito completamente la tesi sostenuta fino a oggi circa il decesso del capitano della Fiorentina

Sono passati più di tre mesi dalla sua morte, eppure il mondo del calcio è ancora in lutto e sente la sua assenza con grande forza. Davide Astori ha lasciato un grande vuoto dietro di sé e sono molti quelli che ancora non riescono a capacitarsi della sua morte.
Di recente però si è tornati a parlare delle cause del suo decesso. Inizialmente infatti si diceva che il capitano della Fiorentina fosse morto per bradiaritmia, ovvero a causa del cuore che aveva rallentato i suoi battiti sempre di più fino a fermarsi. Era la notte del 4 marzo e Davide si trovava da solo nella sua camera di albergo a Udine. Fino a pochi giorni fa sembrava quindi che il calciatore fosse sostanzialmente morto nel sonno.
 
Una perizia effettuata sulla sua morte però ha riaperto il caso.
Il pm Barbara Loffredo ha infatti incaricato due esperti, i professori Carlo Moreschi e Gaetano Thiene, che hanno lavorato a lungo sulla perizia fino ad arrivare a un’analisi che smentirebbe completamente la tesi sostenuta fino a oggi. Secondo quanto riportato sul Corriere delle Sera, il cuore di Astori non avrebbe rallentato ma, al contrario, avrebbe iniziato a battere sempre più velocemente fino a fermarsi. Sulla perizia si parla infatti di “tachiaritmia”, ovvero di accelerazione improvvisa dei battiti.
Secondo quanto riferito dai due professori, il calciatore 31enne avrebbe potuto salvarsi se non avesse dormito da solo in quella camera d’albergo in vista di una partita. Se un compagno di squadra fosse stato con lui avrebbe potuto dare l’allarme e forse avrebbe potuto salvarlo.
 
Secondo quanto riportato su gazzetta.it, Antonio De Nicolo, il procuratore di Udine, ha dichiarato:
«Non posso anticipare nulla. Posso solo dire che sul caso è aperto un fascicolo a carico di ignoti. La collega sta studiando il documento. Non appena il lavoro sarà terminato decideremo se proseguire l’indagine o chiedere l’archiviazione».
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