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Credits: Instagram
16 Novembre 2018
Giovedì scorso, durante una conferenza stampa telefonica, Mark Zuckerberg avrebbe ammesso: “Sì. Abbiamo pensato di sospendere Facebook, in diverse occasioni, nel 2010 e poi di nuovo qualche mese fa, per difendere la privacy delle persone coinvolte nella fuga di dati a opera di hacker”. Ammissioni shock da parte del fondatore del social network più famoso al mondo.
Durante i 90 minuti della conferenza stampa, organizzata per aggiornare il mondo sugli interventi intrapresi dal social network in merito al controllo dei contenuti e alla sicurezza dei dati degli utenti, Mark si è trovato più di una volta in evidente imbarazzo. In merito alla questione della sospensione di Facebook, il Ceo precisa che l’idea riguardavo solo un ristretto numero di iscritti e non si è comunque mai verificata.
Zuckerberg non avrebbe rivelato molto ai giornalisti, che lo hanno incalzato con le domande. Quello che succede nel quartier generale di Facebook resta un mistero. Sulla questione delle manovre oscure nella gestione del social e sulla possibilità di licenziamenti, Mark rimane vago e risponde: “Sono questioni serie, abbiamo fatto le nostre indagini. Facciamo errori e impariamo. Valutiamo costantemente il rendimento di chi lavora a Facebook”.
“Ci sono molte cose che farei diversamente oggi. Il nostro grande errore è stato non capire che si trattava di una campagna coordinata, avremmo dovuto reagire meglio e abbiamo impiegato due anni per costruire un sistema capace di riconoscere interferenze simili. Ma anche gli altri affineranno le loro tattiche, dobbiamo essere concentrati sul nostro lavoro e giocare d’anticipo”, risponde così Zuckerberg quando i giornalisti gli chiedono di fare luce sulla questione delle elezioni americane di Trump e di come il social network lo abbia aiutato per i suoi scopi politici.
In merito agli strumenti per il controllo di contenuti e commenti, Mark pone l’accento sull’intelligenza artificiale: “Il miglioramento più importante nell’applicazione delle nostre politiche è l’uso dell’intelligenza artificiale per segnalare in modo proattivo i contenuti potenzialmente problematici al nostro team di revisori e, in alcuni casi, anche per intervenire automaticamente sui contenuti. Questo approccio ci aiuta a identificare e rimuovere una percentuale molto maggiore di contenuti dannosi, e spesso possiamo rimuoverli più velocemente, prima che qualcuno li veda, anziché aspettare che vengano segnalati”. E aggiunge che, se qualcuno si accorgerà dell’eliminazione ingiusta di un account, può fare ricorso a un tribunale interno a Facebook “composto da esperti, giuristi, docenti universitari, che analizzerà caso per caso le varie questioni, cercando di raggiungere un difficile equilibrio tra libertà di espressione e attenzione alla sensibilità di tutti gli utenti”.
“C’è ancora molto lavoro da fare, ma oggi Facebook è un posto più sicuro rispetto a due anni fa”, conclude il suo fondatore.