TUTTO NEWS

Un giorno anche i robot ci abbracceranno con sentimento

Il prof Frisoli ha un sogno: copiare nelle macchine il sistema nervoso

Un giorno anche i robot ci abbracceranno con sentimento

19 Maggio 2021

Antonio Frisoli, professore ordinario di Ingegneria e docente di robotica presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, si occupa dell’interazione uomo-robot, in un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale ha raccontato le possibili evoluzioni dei robot nei gli anni futuri. A quanto pare non sono solo pezzi di ferraglia, questi robot, ma proveranno sentimenti, o qualcosa di simile.
Attraverso lo sviluppo di algoritmi molto complessi i robot potranno interpretare il tono della voce, il timbro, la frequenza cardiaca di chi si rivolge a loro e quindi “intuirne” le emozioni. La cosa interessante è che a detta del prof Frisoli i nuovi robot potrebbero essere utilizzati “per accudire bambini con autismo, e qui è importante che i robot siano in grado di avere una interazione che passa attraverso abilità sociali ed emozionali, e ci sono dei nuovi robot che hanno questa capacità. Si adattano alla persona che hanno di fronte. Un altro esempio riguarda l’assistenza agli anziani: anche qui è importante che il robot sappia adattarsi alla comunicazione non verbale oltre che a quella verbale".
Si sta lavorando addirittura sul contatto, quello che gli scienziati definiscono “affective touch”, cioè un contatto empatico, per questo i robot di nuova generazione saranno pensati con parte morbide che non diano la sensazione di stare abbracciando un palo, per intenderci. 

Questi scenari sono raccontati dal romanzo Klara e il sole del premio Nobel Kazuo Ishiguro che racconta la storia di una ragazza robot e delle sottili differenze tra uomo e macchina. Ma è possibile per un robot replicare una persona vera? Il segreto secondo il prof Frisoli sta nella complessità del nostro sistema nervoso, ma “ora esistono supercomputer con i quali è possibile fare delle simulazioni molto complesse. Se le nostre emozioni sono codificate all’interno di un hardware, che è poi il nostro sistema nervoso centrale, è possibile andare a replicarle in una macchina, simulandole. C’è da vedere se questa rappresentazione neurofisiologica dello stato emotivo della personalità esaurisce o meno quello che rappresenta un individuo. È un discorso filosofico”. Insomma non è che sia così chiaro definire cosa ci rende umani rispetto a delle macchine molto complesse, non lo ha ancora capito nessuno in fondo.

Interviste

Radio 105 sempre con te!

Disponibile su