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Venerdì 17, perché abbiamo deciso che porta sfortuna?
Dai romani alla smorfia napoletana, vediamo perché questa data è la più temuta tra i superstiziosi
Oggi, venerdì 17, sarà una lunga giornata per gli scaramantici. Soprattutto in Italia, la patria della scaramanzia, si è da sempre cercato di trovare il modo per esorcizzare la sfortuna nascosta dietro l’angolo. Dallo specchio rotto al sale lanciato, dalle scale evitate ai gatti neri osservati in cagnesco. Oggi, tuttavia, urge un’attenzione maggiore e non bastano per i superstiziosi le rassicurazioni del Cicap, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, per restare tranquilli.
Ma perché questo giorno è così sfortunato come si crede? Innanzitutto, va ricordato che il venerdì 17 è tutto made in Italy. Il giorno della sfiga in Paesi come Stati Uniti, Finlandia e Regno Unito ricade, invece, sul venerdì 13, perché segue il 12, numero associato alla perfezione e all’unità: dodici apostoli, dodici mesi, dodici segni zodiacali e così via. Infatti, una versione inglese della sfortuna è sbarcata anche al cinema con “Venerdì 13”, una serie cinematografica di film horror degli anni ’80.
A quanto pare, le radici della scelta del numero 17 come data sfortunata in Italia risalirebbero addirittura all’antica Roma: la cifra espressa in numeri romani XVII risulta l’anagramma della scritta “VIXI”, ovvero “vissi”, generalmente trovata sulle tombe dei defunti. Ovviamente, date le origini cattoliche del nostro Paese, la scelta del venerdì potrebbe anche riferirsi al giorno della settimana della morte di Cristo, mentre il 17 nella Bibbia ritorna come la data del diluvio universale. Anche nell’antica Grecia questo numero non era visto di buon occhio. I seguaci di Pitagora, ad esempio, lo disprezzavano in quanto era tra il 16 e il 18, perfetti per rappresentare i quadrilateri 4x4 e 3x6.
La sfortuna del numero 17 è stata confermata anche dalla smorfia napoletana, che lega il numero alla disgrazia, mentre l’unica eccezione sembra essere soltanto la Cabala ebraica, dove la cifra assume una funzione benefica, poiché nasce dalla somma numerica delle lettere ebraiche têt (9) + waw (6) + bêth (2), che crea la parola tôv (tradotto “buono", "bene”).
La credenza continua ad esistere tutt’oggi: in Italia in molti evitano di spostarsi a bordo di aerei e treni e, spesso, non prenotano soggiorni in camere d'albergo in questo temutissimo giorno. Il “terrore” è stato ribattezzato eptacaidecafobia, un termine che deriva del greco e vuol dire “fobia per il numero 17”.