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Gianmarco Tamberi confessa: “Non mi piace fare salto in alto”
“Se avessi giocato ancora a basket sarei stato meno orgoglioso, ma più felice”
Gianmarco Tamberi si racconta senza filtri durante la seconda puntata di Belve, parlando anche del rapporto con i genitori molto severi. In particolare con il padre – che è stato suo allenatore fino a due anni fa – si è molto deteriorato ed è una cosa che gli pesa molto: “Non avere un rapporto con mio padre è il fallimento più grande della mia vita. I punti bassi nel nostro rapporto sono stati veramente tanti e questo è il motivo per cui una relazione si deteriora a tal punto che diventa complicato metterci delle pezze”.
Le regole rigide dei genitori e il senso di tradimento
Quanto alle dure regole dei genitori confessa: “Un conto è imporsele, un conto è scegliere, un conto è qualcuno che sceglie per te. Un genitore deve aiutarti a prendere la strada giusta, ma non obbligarti a scegliere quella strada. In quel momento mi sono sentito molto tradito dalla figura genitoriale”. Però Gimbo lascia ancora qualche spiraglio. Di fronte alla domanda se nei suoi successi che lo hanno portato all’oro olimpico nel salto in alto gli è mancata la figura del padre, risponde con un laconico: “Passo”.
Il dramma ai Mondiali di Parigi
Oro olimpico che è mancato a Parigi, come tutti sappiamo, a causa delle coliche renali che lo hanno colpito all’improvviso: “Ero tra i favoriti, mi sentivo forte. È stato il momento più brutto, sia come dolore fisico, che mentale, che d’animo”. E non ha risparmiato una stoccata al nuotatore Ceccon, che aveva ricondiviso sui social una frecciata contro Tamberi.
La confessione: il basket, una passione mai dimenticata
Tamberi ha anche fatto una confessione inaspettata: preferisce il basket al salto in alto. “Ho giocato a basket fino a 17 anni, mi piace tuttora di più. Se avessi giocato ancora a basket sarei stato meno orgoglioso, ma più felice. Fare quello che ami fa la differenza. Alla fine non è così bello saltare un’asticella. Ho dovuto fare quella scelta ma non amo quello che faccio”.