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Massari vende chiacchiere a 100 euro al kg: “Non sono bene di lusso”

Redazione 105

Si tratta di un aumento del 25% rispetto allo scorso anno

Le chiacchiere di Carnevale sono un dolce amato in tutta Italia, simbolo della festa e della tradizione. Quest’anno, però, hanno acceso un acceso dibattito a causa del prezzo imposto dal celebre pasticcere Iginio Massari: 100 euro al chilo. Un aumento del 25% rispetto all’anno scorso che ha scatenato polemiche sui social e tra gli esperti del settore. Il prezzo, ben al di sopra della media di mercato, ha sollevato interrogativi su cosa giustifichi una tale cifra e su come il cibo possa trasformarsi in un bene di lusso.

Secondo le rilevazioni di Altroconsumo, il costo delle chiacchiere varia notevolmente: nei supermercati si possono trovare a partire da 6,36 euro al chilo, mentre nelle panetterie e nelle pasticcerie oscillano tra i 20 e i 60 euro. La cifra richiesta da Massari è quindi fuori scala rispetto ai prezzi standard, sollevando dubbi sulla natura del valore aggiunto attribuito al prodotto.

Guido Mori, chef e docente, ha espresso una critica netta sulla questione, evidenziando come il cibo, a differenza di beni di lusso come gli abiti firmati, abbia una funzione essenziale nella vita quotidiana. Mori ha dichiarato: “Le chiacchiere non sono il tartufo e quando il prezzo si discosta troppo dal costo delle materie prime, si esce dal concetto di alimento”. Secondo l’esperto, il costo elevato di questi dolci non deriva da ingredienti rari o da una lavorazione straordinaria, ma piuttosto da una precisa strategia di marketing e posizionamento del brand.

Questa dinamica solleva una riflessione più ampia sulla trasformazione del cibo in status symbol. In un’epoca in cui il valore percepito di un prodotto è spesso più importante della sua qualità effettiva, il rischio è quello di snaturare il significato autentico della gastronomia. Il cibo dovrebbe essere prima di tutto un’esperienza legata al gusto, alla tradizione e alla convivialità, piuttosto che un mezzo per affermare il proprio status sociale.

Il caso delle chiacchiere di Massari si inserisce dunque in un fenomeno più ampio: la crescente tendenza a trattare alcuni alimenti come beni esclusivi, accessibili solo a chi è disposto a pagare prezzi esorbitanti. Questo porta a una polarizzazione tra chi è disposto a investire cifre elevate per un marchio e chi, invece, difende il valore della pasticceria artigianale a prezzi più accessibili. Alla fine, la domanda resta aperta: fino a che punto il prezzo può influenzare la percezione del gusto?

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