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Natale no contact: stop ai rapporti con i genitori anche alle feste

Redazione 105

Si vuole proteggere il proprio benessere emotivo da relazioni percepite come tossiche

Negli ultimi anni il Natale no contact è emerso come una realtà sempre più diffusa, anche in Italia. Sempre più persone decidono di interrompere i rapporti con la famiglia d’origine, scegliendo di non partecipare alle festività e di sospendere ogni contatto con i genitori. Una decisione complessa, spesso sofferta, che nasce dal bisogno di proteggere il proprio benessere emotivo e di mettere confini netti in relazioni percepite come tossiche o invalidanti.

 

Dal racconto letterario alla vita reale

Il tema è entrato con forza anche nel dibattito culturale grazie a L’anniversario, il romanzo vincitore del Premio Strega, in cui Andrea Bajani racconta una separazione radicale dai genitori. Un’esperienza che molti lettori hanno riconosciuto come sorprendentemente comune. La letteratura, in questo caso, ha funzionato come uno specchio: ha mostrato quanto il distacco familiare consapevole non sia più un’eccezione, ma una scelta sempre più condivisa.

 

Social media e narrazioni personali

Sui social, soprattutto a dicembre, l’hashtag #nocontact raccoglie migliaia di testimonianze. Racconti di persone che descrivono un Natale diverso, talvolta più silenzioso, ma anche più leggero. L’assenza della famiglia non viene vissuta come una mancanza, bensì come uno spazio ritrovato. Negli Stati Uniti, il fenomeno riguarda circa una persona su sei, tanto da attirare l’attenzione di figure mediatiche come The Oprah Winfrey Show, che ha contribuito a portare il tema nel discorso pubblico.

 

Il peso del giudizio sociale

A rendere il no contact ancora più difficile è il giudizio esterno. Come racconta Valentina Tridente, content creator che ha scelto di parlare apertamente della sua esperienza: “È un giudizio sociale forte: rompere il legame con chi ti ha messo al mondo sembra impossibile da giustificare, anche quando è necessario per sopravvivere emotivamente”. Parole che fotografano bene la pressione culturale che grava su chi prende questa strada, spesso accusato di egoismo o ingratitudine.

 

Una scelta senza ricette universali

Tridente sottolinea anche quanto questo percorso sia personale: “Le persone mi chiedono consigli su come fare, ma non esiste una ricetta: io dico sempre che questo è il mio cammino, la storia di ognuno è un mondo a parte”. Nel suo racconto, il no contact non è una decisione improvvisa, ma l’esito di anni di tentativi, ritorni e fratture. Le festività, in questo senso, amplificano tutto: emozioni, sensi di colpa, ma anche il desiderio di libertà e autonomia.

 

Oltre il Natale, verso una nuova identità

Il Natale no contact non è una fuga, ma una ridefinizione dei legami. È il punto in cui molte persone scelgono di dare priorità a sé stesse, accettando il dolore come parte del cambiamento. Una scelta che parla di crescita, di confini e di una nuova idea di famiglia, costruita non sul dovere, ma sul rispetto.

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