105 FRIENDS
tutto news
31 Agosto 2017
Da anni gli aerei vengono considerati come dei vettori perfetti per una potenziale epidemia. La diversa provenienza delle persone sedute all'interno del velivolo, la durata del volo che impone loro di stare a stretto contatto per molto tempo e la presenza delle piccole toilette in comune sono infatti i fattori che possono favorire lo scambio e la diffusione di virus e batteri.
Secondo una recente ricerca dell'Arizona State University, condotta attraverso l'utilizzo di un modello matematico, il rischio di diffusione dei germi aumenta ulteriormente per via dei metodi utilizzati dalla maggior parte delle compagnie aeree del mondo per imbarcare i passeggeri sui propri velivoli.
I viaggiatori, escludendo i disabili e, in alcuni casi, le famiglie con i bambini, vengono infatti fatti accomodare al proprio posto in base alla tipologia di biglietto acquistata (prima classe, business, economy ecc...). Questo significa che mentre i passeggeri con un'offerta maggiore trovano posto, gli altri devono attendere nel corridoio dell'aereo e si trovano così a strettissimo contatto.
Secondo Anuj Mubayi, matematico dell’ateneo statunitense, la procedura di imbarco per classi non è un buon metodo sotto il profilo igienico-sanitario: “Le politiche delle compagnie sono pensate per ridurre tempi e costi: vanno bene per loro ma non per le persone in viaggio. Le compagnie non pensano alle epidemie o alla diffusione delle malattie quando mettono nero su bianco queste policy”.
Per ovviare a questo problema, i ricercatori hanno proposto due diverse soluzioni: una potrebbe essere applicare una strategia di "imbarco in due sezioni", secondo la quale i passeggeri andrebbero imbarcati a caso e in due turni. In questo modo, secondo le loro stime, si potrebbe ridurre il contatto umano e con esso le probabilità che un’infezione si trasmetta da un individuo a un altro si abbasserebbero del 27%. La seconda soluzione sarebbe invece più radicale e consisterebbe nell'utilizzare aerei più piccoli, con al massimo 50 posti: in questo caso la possibilità di infezione si ridurrebbe di un ulteriore 13%.
Photo credit: Wikipedia