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Credits: Getty Images
07 Aprile 2023
Redazione 105
Correva l’anno 1968 quando la missione Voyager 2 è passata vicino al pianeta Urano durante il suo viaggio. Oggi, a quasi 40 anni di distanza, i segnali che tornano indietro da quella missione, ci dicono qualcosa di strano e molto interessante allo stesso tempo: le lune di Urano potrebbero ospitare oceani, e dunque acqua, allo stato liquido.
Ma com’è potuto succedere che, un fatto così epocale, venga scoperto soltanto oggi? Ebbene, quando Voyager 2 si avvicinò per la prima volta al pianeta Urano, il suo dispositivo caricò particelle che sembravano essere intrappolate in alcune aree vicino alla magnetosfera di Urano, in particolare le orbite di Miranda e Ariel, le lune di Urano.
Oggi, nel loro nuovo studio, gli scienziati che hanno esaminato quelle particelle sono rimasti sbalorditi: non capendo da dove provenisse questa fonte di energia, ma scavando in profondità nei dati della sonda Voyager 2, sono riusciti a scovare un punto chiaro e innegabile nel divario tra Miranda e Ariel, lo stesso che suggerisce la presenza di una fonte di ioni energetici in quella zona.
Un rilevamento simile è stato effettuato dalla ricerca interstellare nello spazio attorno a Saturno: in quell’occasione, infatti, si scoprì che i dati catturati dalla sonda Cassini erano stati prodotti da geyser congelati su quella che oggi conosciamo come la luna oceanica Encelado. Un altro rilevamento simile ha portato alla scoperta della luna oceanica di Giove, Europa.
Ma è bene fare attenzione: quella che è stata scoperta su Miranda, la più piccola delle cinque lune maggiori di Urano, o su Ariel, la più luminosa, o forse su entrambe, è la presenza di acqua ghiacciata sotto la cui superficie di ipotizza che vi sia la presenza di acqua liquida. Elemento, questo, che, come sappiamo benissimo, spesso indica la presenza di vita.