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A C.S.I. Milano con Massimo Picozzi si parla del conte Cagliostro

Redazione 105

Il criminologo racconta la storia del truffatore Giuseppe Balsamo, detto Cagliostro, e della sua carriera non proprio finita in gloria

Questa volta a C.S.I. Milano, il podcast condotto da Tony & Ross con Massimo Picozzi, si parla del conte Cagliostro, all’anagrafe Giuseppe Balsamo, un truffatore vissuto nella metà del ‘700 e morto nella fortezza di San Leo. Gli fu attribuita la capacità di mutare il piombo in oro, ma in realtà era un gran ciarlatano. Era semplicemente molto abile e veloce nello scambiare le tazze che contenevano piombo in quelle che contenevano oro urlando al miracolo. 

Gli alchimisti però non erano ben visti dalla Santa Inquisizione che vedeva nell’uso dell’alchimia qualcosa di propedeutico alla necromanzia, ovvero all’interrogazione dei morti per riportarli in vita. Inoltre Cagliostro era anche un massone. Tornando alle sue origini, la famiglia è sufficientemente benestante, ma il padre muore molto presto e Balsamo viene adottato da una zia farmacista. Di qui il suo interesse per polveri, unguenti e così via. Si impadronisce poi dei segreti della botanica dopo essere stato mandato a studiare da una congregazione di frati esperta nell’uso dell’erba.

Infine diventa orafo, specializzandosi nell’arte della stampa e delle incisioni predisponendosi alla carriera di falsario. La moglie di Cagliostro inizialmente lo segue in giro per l’Europa dove lui vende le sue pozioni, le sue arti “magiche” e le sue stregonerie di indovino. Sembravano la coppia perfetta con lei che adescava gli uomini e lui che all’improvviso usciva allo scoperto li accusava di averlo disonorato e si faceva risarcire, sostanzialmente truffandoli. Ad un certo punto però lei finisce per innamorarsi di uno di loro e lascia il marito. Lui la denuncia per abbandono di tetto coniugale e la obbliga a tornare a casa.

Alla fine però la donna ha la sua “vendetta”, denunciandolo per eresia. Il suo avvocato per salvarlo cerca di farlo passare per un semplice ciarlatano in modo da togliere credibilità alle sue posizioni. Nonostante questo viene condannato comunque e, dopo aver abiurato, viene trasferito nella Rocca di San Leo. Viene calato dall’alto nella peggiore delle celle, nota come “il pozzetto”, un orrendo buco di una decina di metri quadri privo di porta, con solo una piccola finestra. Certo del suo operato, il Tribunale dell’Inquisizione rende pubblici gli atti della causa, ma la manovra anziché condannare la figura di Cagliostro, finisce per accrescere la sua fama di spirito libero e avventuriero

Dopo ben quattro anni di prigionia in cui persino inizia a dipingere immagini religiose alle pareti e sostiene di avere visioni che gli fanno credere di essere un santo, è vittima di un ictus e resta incosciente tre giorni prima di spirare. I suoi carcerieri, dopo avergli passato la fiamma sulla pianta dei piedi per accertarsi che fosse davvero morto (viste le sue abilità da illusionista), lo portano sulla spianata di San Leo dove viene sepolto senza cassa e senza lapide. Un ultimo oltraggio però lo attende. Quando nel 1797 le truppe polacche conquistano la Rocca scoprono i suoi resti e decidono di divertirsi un po’, trasformando il suo cranio in una coppa per berci il vino. Una fine non proprio gloriosa per un personaggio passato alla Storia.

Ascolta qui sotto l'intervento completo di Massimo Picozzi in diretta a 105 Friends!

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