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Busy bragging? Come il burnout sta distruggendo le nostre vite

Redazione 105

Il lavoro è fondamentale, ma lo stress eccessivo ci rende meno produttivi e danneggia la nostra salute

Viviamo in una società che glorifica il lavoro incessante, dove l’ozio è considerato un lusso inammissibile. Questo culto del lavoro, che lo pone al di sopra di tutto, sta causando gravi danni alla nostra salute mentale e fisica. Un esempio emblematico è il Giappone, dove il karōshi, ossia la “morte per troppo lavoro”, è un problema sociale ampiamente riconosciuto. In Italia, la situazione non è molto diversa: solo il 18% della popolazione è soddisfatto del proprio stile di vita, mentre il burnout colpisce quasi il doppio, interessando il 35% delle persone.

Il burnout è una condizione di esaurimento fisico, emotivo e mentale, causata da uno stress cronico e sproporzionato. Questa sindrome non solo compromette la salute, ma riduce drasticamente le prestazioni lavorative. Invece di affrontare la questione, però, la nostra cultura ha dato vita al fenomeno del “busy bragging”, ovvero il vanto di essere sempre occupati. Quante volte sentiamo colleghi e amici lamentarsi delle troppe responsabilità lavorative? Questo comportamento è ormai radicato nella nostra società, dove lo stress viene erroneamente interpretato come un segnale di successo e l’essere costantemente impegnati è sinonimo di competenza e rilevanza.

Tuttavia, studi condotti dall’Università della Georgia dimostrano che chi si lamenta del proprio stress è percepito dai colleghi come meno competente e meno piacevole. Lamentarsi continuamente può trasformarsi in un pericoloso circolo vizioso, creando un ambiente di lavoro tossico e insostenibile, dove il burnout diventa la norma piuttosto che l’eccezione.

Esistono però filosofie di vita che incoraggiano l’ozio come parte integrante del benessere quotidiano. Un esempio è il niksen olandese, che consiste nel concedersi momenti di pausa mentale, senza la pressione di essere produttivi. Sebbene questo approccio possa sembrare controintuitivo in una società ossessionata dalla produttività, i benefici sono concreti. Numerosi studi suggeriscono che l’inclusione di periodi di inattività programmata non solo aumenta la produttività, ma riduce significativamente i livelli di ansia.

In conclusione, migliorare la salute mentale porta inevitabilmente a una maggiore qualità del lavoro. Per ottenere questo risultato, è necessaria una profonda rivoluzione culturale: le aziende devono implementare politiche che promuovano il benessere dei dipendenti, e ciascuno di noi deve imparare a dare priorità alla propria salute mentale, per essere più produttivo e soddisfatto sul lavoro.

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