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Il bambino che ha rotto la giara di 3500 anni fa torna al museo
Il Museo Hecht di Haifa trasforma un incidente in un'opportunità educativa: il restauro del vaso diventa un’esperienza formativa per il piccolo e la sua famiglia
Ricordate il bambino di cinque anni che, giocando al Museo Hecht di Haifa, aveva rotto una giara risalente a 3500 anni fa? L'incidente aveva suscitato un certo scalpore, soprattutto perché il prezioso vaso, risalente all’Età del Bronzo tra il 2200 e il 1500 a.C., era esposto da 35 anni nel museo israeliano prima di finire in pezzi. Il padre del bambino, Alex Geller, aveva dichiarato alla BBC di essere rimasto "scioccato" dall'accaduto, senza sapere come affrontare la situazione. Eppure, a distanza di qualche tempo, la storia ha preso una piega del tutto inaspettata.
Inbar Rivlin, la direttrice del Museo Hecht, ha colto l'occasione per trasformare questo episodio in un'esperienza educativa unica. Ha invitato la famiglia Geller a tornare al museo per assistere al delicato processo di restauro del vaso. Secondo quanto riportato dal Daily Mail, il restauro richiederà diversi giorni di lavoro minuzioso, in cui gli archeologi utilizzeranno una colla speciale per assemblare, pezzo dopo pezzo, i frammenti della giara.
"Non è un bambino che di solito distrugge le cose, voleva solo vedere cosa c'era dentro", ha spiegato il signor Geller, residente a Nahariya, una città nel nord di Israele, a pochi chilometri dal confine con il Libano. La famiglia è tornata al museo per una breve visita, durante la quale il bambino ha potuto vedere il vaso posizionato all’ingresso. Tuttavia, la visita è durata poco: una volta soddisfatta la curiosità del piccolo, la famiglia si è allontanata rapidamente.
Questa iniziativa del museo dimostra come anche un incidente possa diventare un'opportunità di apprendimento. Per il piccolo visitatore, assistere al restauro della giara rappresenta non solo una lezione di storia, ma anche un'occasione per comprendere l'importanza della cura e del rispetto per il patrimonio culturale. Con questa scelta, la direttrice Rivlin ha voluto lanciare un messaggio positivo: gli errori possono trasformarsi in momenti educativi, e il museo resta un luogo aperto a tutti, anche ai più piccoli esploratori.