05 Settembre 2016
Smartphone e piattaforme social hanno aperto anche ai più inesperti il mondo della fotografia. Certo, non parliamo di scatti professionali, ma resta il fatto che ognuno di noi può, in qualsiasi momento, immortalare l’immagine di qualcosa che lo ha colpito o di un istante che vuole fissare per sempre: una foto di gruppo con gli amici, un selfie, un’opera d’arte, un bellissimo tramonto, il buffet dell’aperitivo. I potenziali soggetti sono infiniti.
Ognuna di queste foto è diversa dall’altra perché differente è l’occhio del fotografo, la sua sensibilità e il “messaggio” che vuole trasmettere.
Del fatto che le immagini pubblicate sui social possano rivelare molto della nostra personalità, ma non solo, sono convinti niente meno che gli studiosi delle Università di Harvard e del Vermont.
Partendo dal presupposto che le foto caricate su Instagram possano aiutare a rivelare se un particolare utente soffre o meno di depressione, hanno svolto uno studio su 166 persone, alla metà delle quali era già stata diagnosticata la malattia.
Chris Danforth e Andrew Reece, due degli studiosi che hanno partecipato al progetto, hanno analizzato le migliaia di fotografie immesse su Instagram dai volontari, utilizzando anche dei programmi informatici di analisi dei dati.
I risultati hanno rivelato che le persone a cui era già stata diagnosticata la depressione postavano foto in cui raramente sono in gruppo – segno di relazioni sociali limitate – e l’utilizzo di filtri è ridotto al minimo, se non quando si tratta di trasformare le foto in bianco e nero, indice di una visione cupa del mondo.
Al contrario, le persone che non soffrono di depressione si fotografano spesso in compagnia e utilizzano molti filtri, soprattutto per rendere le foto più luminose (il più diffuso è Valencia).
Secondo gli studiosi, l’analisi di mezzi insoliti come le foto pubblicate su Instagram potrebbero fornire un valido aiuto alla diagnosi precoce di malattie come la depressione, partendo dal presupposto che alcune malattie mentali potrebbero essere “suggerite”, anche inconsapevolmente, dal modo in cui gli utenti utilizzano i social media.