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11 Luglio 2018
Si dice che il capitano sia l’ultimo a dover abbandonare la nave.
E così Ekapol «Ek» Chantawong, l’allenatore che ha portato i 12 ragazzini nella grotta di Tham Luang in Thailandia, all’interno della quale sono rimasti intrappolati per giorni, è stato l’ultimo ad essere portato in salvo ed è ora in ospedale, ma rischia il processo come unico responsabile della disavventura vissuta dal gruppo. La vicenda ha tenuto tutti col fiato sospeso durante le lunghe e faticose operazioni di soccorso.
Certo è che il suo contributo per far sì che i ragazzi riuscissero a sopravvivere è stato determinante: oltre a insegnare loro le tecniche di meditazione apprese da piccolo fra i monaci buddisti, ha rinunciato al suo cibo per sfamarli.
«Questi ragazzi sono il mio fratellino moltiplicato per dodici» ha detto lui, orfano da quando aveva solo 12 anni. Ek è un profugo birmano che ha fatto del pallone una vera vocazione: aveva portato i ragazzi nella grotta per incidere i loro nomi e fare squadra.
«Ama la squadra», aveva detto sua zia alla Cnn, «i genitori hanno piena fiducia in lui». Ora ci si chiede se sia un eroe oppure un colpevole.