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Cassazione: offendere qualcuno nelle chat di gruppo è reato

Secondo la Corte Suprema, in presenza di terze persone c'è lesione della reputazione.

Se si scrive un'offesa in una chat di gruppo in cui, oltre all'autore e alla persona offesa, ci sono anche altri a leggere, si tratterebbe di reato di diffamazione.

A dirlo è la Corte Suprema, secondo cui il fatto non può essere considerato semplicemente un'ingiuria (cioè un reato depenalizzato), perché c'è una lesione della reputazione del soggetto offeso. 

"Sebbene il mezzo di trasmissione/comunicazione adoperato consenta, in astratto, anche al soggetto vilipeso di percepire direttamente l'offesa, il fatto che il messaggio sia diretto a una cerchia di fruitori" fa sì che la lesione delle reputazione "si collochi in una dimensione ben più ampia di quella tra offensore e offeso". Si è espressa così la Corte di Cassazione con la sentenza n.7904 della quinta sezione penale in merito ad una lite tra giovanissimi.

L'episodio ha coinvolto diversi alunni di una scuola in provincia di Bari. Uno dei ragazzini, secondo le ricostruzioni, si era rivolto con epiteti volgari ad una compagna presente nella chat del gruppo WhatsApp.

I genitori del ragazzino chiedevano che le offese non fossero ritenute "diffamazione" ma "ingiuria" (che non rappresenta un reato), dal momento che la ragazza era presente in chat e poteva rispondere immediatamente alle offese.

Non è stata questa la posizione della Cassazione che, pur ribadendo che si tratta di diffamazione, ha comunque confermato la decisione del gip del non luogo a procedere contro il ragazzo, non imputabile perché appena 14enne all'epoca dei fatti.

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