Dopo la conferma dell’imminente ritorno sulle scene dei Jacksons e dei Van Halen, un’altra superband del passato, in particolare un’altra di quelle esplose nei ruggenti anni Ottanta, fa sapere di esser pronta a ributtarsi nella mischia. Sono i Culture Club, quartetto pop capitanato dall’eccentrico George Alan O'Dowd, in arte Boy George. Eccezion fatta per una manciata di sporadiche esibizioni live e per l’ascesa di George nell’universo “clubbing” anni Novanta, i Culture Club non erano più una band dal lontano 1986, quando, pubblicato l’album “From Luxury To Heartache”, le frizioni tra il cantante e il percussionista Jon Moss, all’epoca compagni anche nella vita, e la dipendenza dalle droghe di entrambi, provocarono il declino di uno dei miracoli pop più riusciti della storia della musica. Oggi però, un anno dopo il trentesimo anniversario del gruppo, e rodato il palcoscenico in occasione di due show a Dubai e a Sydney, i Culture Club sono di nuovo in pista: in studio di registrazione, dove – secondo quando ha dichiarato Mr. O’Dowd - starebbero già lavorando alle tracce del nuovo disco con il produttore che li portò al successo negli anni Ottanta, il leggendario Stewart Levine, e “on the road”, dimensione che Boy George, Mikey Craig, Roy Hay e Jon Moss vorrebbero tornare a esplorare innanzitutto con una lunga tournée negli States, laddove gli show dal sapore nostalgico riscuotono sempre grande successo. Unico intoppo, il permesso di soggiorno americano di Boy George. Il cosiddetto “visto”, documento che il cantante inglese, proprietario di una casa nel cuore della Grande Mela, sta disperatamente cercando di riottenere dopo il suo clamoroso arresto Oltreoceano. Nel 2005, infatti, in seguito alla denuncia da parte dello stesso Michael di un furto - peraltro mai avvenuto (!) - nella sua casa nel Village, la polizia di Manhattan rinvenne della cocaina e il giudice condannò il cantante al pagamento di una multa salatissima e a un periodo di lavoro come netturbino presso i servizi sociali di Manhattan.
“(Il ritorno sulle scene dei Culture Club) Avverrà sicuramente, probabilmente il prossimo anno”, ha confermato Boy George al quotidiano inglese Daily Express, “Abbiamo scritto della musica e siamo stati in studio. Ma vogliamo cominciare dall’America e al momento non mi è permesso tornarci, sto aspettando il mio Visto”. Balzati in vetta alle classifiche nel 1982 con l’album di debutto “Kissing To Be Clever”, i Culture Club, esponenti illustri della scena pop britannica dei New Romantic, raggiunsero l’apice del successo nel 1983 con un disco culto intitolato “Colour by Numbers” e contenente classici come “Karma Chameleon”, “It’s a Miracle”, “Church of the Poison Mind” e naturalmente “Victims”, ballata dedicata alle prime vittime dell’Aids e nella quale la voce potente di Boy George dominava magistralmente gli sfarzosi arrangiamenti orchestrali e il grande coro. Ebbene, a oltre trent’anni da quel momento magico, conferma oggi Michael, “il nostro produttore originario Steve Levine sta lavorando con noi…abbiamo tutti i membri originari, e questo è davvero fantastico”.