27 Ottobre 2016
Può un problema di salute diventare un ostacolo per l’ottenimento di un lavoro? A quanto pare sì, soprattutto se si tratta di una malattia che pregiudica l’aspetto esteriore.
Lo sa bene Martina, ventiseienne di Prato, che ha denunciato a “La Repubblica” il trattamento riservatole dai selezionatori del personale a causa del suo peso.
Martina, infatti, non riesce a trovare lavoro perché obesa a causa di una disfunzione e durante i colloqui le vengono rivolte le domande e le “osservazioni” più assurde: «In un bar a pranzo la segretaria mi ha chiesto: sei sicura che questo sia il lavoro adatto per te? Ce la fai a camminare molto e a stare in piedi? Sai reggere la fatica? E poi il responsabile ha rincarato la dose: sei troppo grossa, non vorrei far scomodare i clienti per farti passare tra i tavoli».
Ogni colloquio per Martina si trasforma in un’umiliazione, motivo per cui ha voluto rendere pubblica la sua esperienza: «Per la strada le persone ridono di me, mi squadrano, sento chiacchiericci alle mie spalle, e a volte qualcuno che dice “Guarda che culo grosso che ha”. Io vorrei spiegare a tutti che l'obesità è una malattia. Non basta mangiare un po' meno e camminare di più per sconfiggerla, è una disfunzione metabolica grave. Di obesità si può morire, esattamente come si può morire di anoressia».
Nonostante un curriculum di tutto rispetto e la qualifica di segretaria aziendale, infatti, non riesce a trovare nessun’azienda disposta ad assumerla.
Anche i genitori della ragazza si sono spesso recati a chiedere spiegazioni, ricevendo spesso questa risposta: «Non se la prenda a male, ma sua figlia è troppo grossa».
Voi cose ne pensate di questa storia?
Una persona che soffre di obesità, per di più dovuta a una grave disfunzione metabolica, può ancora essere discriminata sul posto di lavoro per il suo aspetto e non per le sue conoscenze e competenze?