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21 Novembre 2017
L’idea è venuta ad un 27enne inglese, Arthur Kay.
Il giovane e brillante inventore era intento a progettare un bar mentre studiava all'Università di Londra, quando a un tratto, nelle notti insonni a base di thermos colmi di questa bevanda, si sarà accesa una lampadina nella sua mente: il caffè è benzina allo stato puro.
Non si tratta di una metafora fin troppo abusata. La miscela arabica, se debitamente trattata, può trasformarsi davvero in carburante. Tant’è vero che l'azienda Shell ha deciso di finanziare l’elettrizzante idea del ragazzo.
"E' un grande esempio di ciò che si può fare quando cominciamo a re-immaginare i rifiuti come una risorsa da sfruttare" ha detto il giovane al London Evening Standard.
A Londra, così, sono già partiti i primi bus che viaggiano sfruttando l’energia del caffè.
Il processo ideato da Kay, cofondatore e chef executive della start-up Bio-bean, consiste nell’estrarre dagli scarti della bevanda più famosa al mondo un olio (l’olio di caffè, appunto) che può essere aggiunto al tradizionale diesel.
Si ottiene, quindi, un biometano: il B20 è il miracoloso elemento che permetterà agli autobus londinesi, già piuttosto impeccabili dal punto di vista del timing, d’essere ancora più puntuali ed efficienti.
Altro che rimedi della nonna. I fondi del caffè non saranno più impiegati solo per fantastiche maschere di bellezza o come fertilizzanti per le piante.
Provate a immaginare quanti vantaggi comporterà l’invenzione di Arthur: lavandini meno intasati e soprattutto, limitazione considerevole delle emissioni di Co2, oltre ad un sensibile risparmio sul carburante. Che non guasta mai. In Italia siamo maestri (oltre che dipendenti fino al midollo) della tazzina di caffè: c’è da sperare che nessuno si lamenterà più per i ritardi dei mezzi pubblici.