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Music Biz

Annalisa, da Amici al tour negli stadi: “Sanremo? Non è nei piani”

Redazione 105

La cantante si racconta, dalla carriera fino alla vita più privata

Annalisa sta per tornare con il nuovo album Ma io sono fuoco e si racconta a Vanity Fair a partire da un tema molto scottante: quello delle critiche. In particolar modo le teme dalla mamma che “è molto severa. In corso d’opera fa critiche dritte ma garbate. E nove volte su dieci ha ragione. La canzone del nuovo disco che preferisce è ‘Esibizionista’. Perché non è una ballad piena di emozioni: lei non le condivide volentieri, sceglie di filtrarle. E in questo siamo simili”.

E quando ancora non era “Annalisa”, come hanno reagito i genitori alla scelta di fare musica?   “Non mi hanno mai ostacolata, nonostante avessero sperato altro per me. Hanno avuto da subito un approccio molto concreto: hanno cercato un insegnante per le lezioni di pianoforte e di canto; hanno insistito affinché, finito il liceo, frequentassi l’università. Della serie: fai quello che vuoi, senza però sacrificare il resto. Siamo gente così, che tiene i piedi per terra, non si monta la testa e non pensa che le cose vadano per forza bene, anzi… Infatti un po’ più di incoraggiamento mi sarebbe piaciuto, ma è proprio mentalità”.

 

Da “Amici” a Sanremo

Tutto è partito dalla sua partecipazione ad Amici 2010-2011, ma lei è convinta che la sua carriera prima o poi sarebbe iniziata lo stesso. “Sono certa che farei comunque questo mestiere. Ho partecipato a provini su provini finché non mi hanno presa lì, avrei continuato a bussare a tutte le porte. Per me la musica non lascia spazio a una dedizione e a una determinazione diverse. Ricordo ancora la sensazione della prima sera ad ‘Amici’, appena ammessa: dopo la gioia, le lacrime che non riuscivo a fermare, perché sentivo dentro che la mia vita stava per cambiare radicalmente. È una delle immagini che meglio rappresenta la gavetta”.

E lei di gavetta ne ha fatta parecchia: “Mi viene in mente uno dei primissimi live, forse a 14 anni, con la mia band. Ci chiamavano i Llerotram Rose, un nome assurdo, ma volevamo fare gli intellettuali e le cover in piazza. La formazione era quella classica, stereotipata: i musicisti erano maschi, più grandi d’età, la cantante ero io. Poi, ho avuto una seconda band, con cui scrivevo i pezzi. Suonavano in club microscopici, davanti a una ventina di persone, molte delle quali erano alunni di mio papà, professore di matematica, che li obbligava a venirmi a vedere”.

Tornare in gara l’anno prossimo a Sanremo? “In questo momento non è nei piani. Condurlo? Non so se ne sarei capace. Potrei arrivarci in futuro, però non adesso che sono concentrata sulla musica

 

La privacy e la vita matrimoniale 

Certo la vita da popstar non è semplice. Il prezzo peggiore da pagare sicuramente per lei è l’invasione della privacy “che cerco di prevenire, per esempio rinunciando ad andare alle feste dove so che c’è tanta gente”. I gossip che la riguardano sono tanti e al marito, ridendo, dice che “sono venute le spalle così”. Con il marito c’è una routine “un po’ raminga. Ci dividiamo tra Genova, che è importante per il lavoro di Francesco, Milano, che è importante per il mio di lavoro, e Carcare, dove vivono i miei e dove ho davvero bisogno di tornare: è un microcosmo di cinquemila abitanti in cui mi scarico e ricarico. Lì sono ‘Annalisa’ e basta, nessuno mi ferma per strada o fa caso a me, ritrovo gli amici d’infanzia, vado a prendere l’aperitivo con loro vestita come capita”. Insomma una relazione a distanza: “A noi va benissimo che ognuno abbia la sua carriera e i suoi spazi per poi incontrarci. Ecco, far combaciare le agende non è sempre facile”.

 

La maternità 

Infine si tocca il tema della maternità. Sente la pressione della società per cui una donna è considerata completa solo se diventa madre? “No, non la sento. Però, per esempio, ho percepito che, una volta sposata, fosse scontato che dovessi avere figli”. In quel caso, però, non vorrebbe fermarsi: “Mi piacerebbe piuttosto seguire le orme di alcune colleghe che hanno trasformato la gravidanza in un progetto artistico, hanno messo la fisicità e le sensazioni di quel momento al servizio della creatività. Mi aveva colpito il concept dell’album di Halsey (‘If I Can’t Have Love, I Want Power’) a partire dalla maternità, in cover teneva in braccio un neonato e aveva il seno sinistro scoperto”.

 

Il bisogno di fermarsi e il tema concerti negli stadi 

Annalisa ammette di non aver mai sentito il bisogno di fermarsi, come accaduto ad altri colleghi. “Mai. La velocità del nostro mondo è reale, a me salva concentrarmi sempre su una cosa per volta, rispettando i miei ritmi, senza bruciare le tappe”. Non ha fatto gli stadi per non bruciare le tappe? “Se si fosse presentata l’opportunità, non sarebbe stata una tappa bruciata: non sono una ragazzina, sto sulle scene da 15 anni. Gli stadi sono per me una strategia da pianificare con serietà, un bell’orizzonte a cui non smettere di guardare. Purtroppo questa tendenza a semplificare e a stigmatizzare tutto esiste e non fa bene. Senza alcuna presunzione, noi artisti siamo argomento di conversazione e spesso al centro di prese di posizioni gratuite bianche o nere: non si considerano i grigi, il lavoro che c’è dietro i live”.

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