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Chiara Ferragni: sui social bisogna parlare anche di salute mentale
L’influencer ha premiamo Unobravo, startup di psicologia online
Chiara Ferragni è da sempre attenta alle dinamiche che attraversano i social e vorrebbe che le piattaforme social fossero usate non solo per fare business, ma anche per affrontare discorsi delicati e socialmente utili. Grazie all'iniziativa Pantene per le imprese al femminile l’influencer ha potuto premiare Unobravo, una startup di psicologia on line.
“I social sono sempre di più anche un luogo per parlare di salute mentale – ha dichiarato l’influencer –. Le nuove generazioni stanno portando la realtà sulle piattaforme: si mostrano con le proprie debolezze e fragilità e le trasformano in un punto di forza, e questo è bello, è potente”. Chi meglio di lei è titolata per parlare di social ed empowerment? Ferragni ha raccontato gli obiettivi raggiunti con la campagna “Forti Insieme” di Pantene per il sostegno delle imprese guidate da donne, in un talk con Valeria Consorte, Vice President Beauty Care P&G Italia, e Danila De Stefano, ceo di Unobravo, la startup che si è aggiudicata la donazione da 75mila euro nella prima call del progetto Pantene. La chiacchierata è stata l’occasione buona per parlare di lotta al gender gap, ma anche di salute mentale: “La mia generazione era quella che sui social cercava di apparire sempre più bella, più brava, mentre ora i giovani della Gen Z parlano molto più apertamente e non hanno paura di mostrarsi imperfetti, di condividere i problemi di salute mentale e cercare aiuto negli altri. Quando parlavo di psicologo sui social mi sentivo un’eroina - racconta Ferragni - e questo perché in Italia il tema non è ancora sdoganato, c’è ancora un tabù da normalizzare”. Nel suo piccolo il suo è anche un esempio di superamento delle vecchie divisioni uomo-donna, come racconta bene il suo rapporto con il marito Fedez: “La società in cui siamo cresciuti - dice Ferragni - pensa che la donna debba occuparsi di tutto, figli, casa, famiglia, ma io e mio marito Federico ci dividiamo tutti i compiti al 50%, è così che dovrebbe essere”.