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La nostra attenzione non dura più di 8 secondi. Colpa dello smartphone?
Abbiamo la stessa soglia di attenzione di un pesce rosso
Negli ultimi anni la nostra capacità di prestare attenzione è diminuita. Molti studi parlano di una soglia di attenzione di 8 secondi, meno di un pesce rosso, per intenderci.
Come mai la nostra attenzione è calata? Colpa della dopamina da smartphone
Il motivo per cui facciamo sempre più difficoltà a restare attenti per più di pochi secondi, per molti studiosi va ricercato nell’iperconnessione e nello smartphone. Il telefonino è uno strumento da cui siamo dipendenti: utilizzarlo produce in noi una scarica di dopamina a cui siamo ormai assuefatti.
Lo studio della professoressa Mark
Uno studio condotto dalla professoressa Gloria Mark dell'Università della California ha misurato l’attenzione delle persone in ufficio, dove si suppone debbano essere sempre vigili e concentrate. Ha misurato il tempo massimo di concentrazione: 10 anni fa era 3 minuti, 6 anni fa si era ridotto a 1,15 minuti, oggi è sceso a 40 secondi. Una ricerca della Microsoft Canada di qualche anno fa stabilì invece in 8 secondi l’attenzione media di una persona.
Il problema è che per tornare concentrati ci vogliono 25 minuti dopo essersi distratti solo qualche secondo. Le distrazioni ci causano scariche di dopamina che a sua volta rilascia cortisolo, quindi stress. Uno strano circolo insomma.
La dipendenza da smartphone
Secondo lo psichiatra Laurent Karila lo smartphone è per noi come un orsetto per i bambini: “un pezzo di tela da toccare, da accarezzare. È qualcosa che li calma, li tranquillizza, che li fa dormire più sereni. Gli smartphone per noi sono la stessa cosa, a qualunque età. E infatti qual è la prima cosa che fanno gli adulti quando si svegliano durante la notte? Prendono in mano il telefonino, lo guardano, ci digitano e poi si rimettono a dormire”.
L’inganno del multitasking
Essere multitasking è una caratteristica fondamentale ai giorni nostri, si dice spesso che le donne lo siano più degli uomini. Peccato però che gli esseri umani non sono fatti per il multitasking. Non facciamo due o più cose contemporaneamente, ma il nostro cervello "switcha" velocemente da un’attività all’altra, e questo salto costa molte energie. Il rischio è quello di fare tutto e male e non di essere più “performanti”.
Il burnout da notifica continua
Il burnout è una sorta di esaurimento, un termine diffusissimo oggi. Spesso a contribuire a questa condizione di stress è proprio lo smartphone con le sue continue notifiche, da cui siamo naturalmente attratti. La giornalista Lisa Lotti ha spiegato bene questo fenomeno: “Tu entri in questi strumenti in cui nulla è casuale: tutto quello che fai lo fai perché qualcuno lo ha progettato”. Le notifiche sono fatte per attrarci, per distrarci, perché il nostro cervello ama le novità e non può fare a meno di prestare attenzione ai suoni: “Quando eravamo primati e sentivamo un rumore, se non ci fossimo girati a controllare se era una foglia o un leone, ora non saremmo qui”.
Ora però forse non ci sarebbe bisogno di sottrarsi a ogni “tin” dello smartphone che ci costringe a un continuo cambio di scenario mentale, portandoci fino all’esaurimento.
La soluzione al male dei nostri tempi sembra essere quella di spegnere il telefono, almeno per un po’, e accorgersi che si può vivere anche senza!