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Cristiana Capotondi e Michela Cescon presentano "Nome di donna" a 105 Mi Casa

Soprusi e violenze nei confronti delle donne sul posto di lavoro: questo il tema del nuovo film di cui hanno parlato le due attrici a Max Brigante.

09 Marzo 2018

Nel giorno della Festa della Donna è uscito nei cinema "Nome di donna", il nuovo film di Marco Tullio Giordana. Max Brigante ha ospitato a 105 Mi Casa due delle protagonisti di questo lungometraggio, Cristiana Capotondi e Michela Cescon per parlare non solo di quello che vedremo sul grande schermo, ma anche del più ampio tema della discriminazione femminile e delle molestie, soprattutto sul luogo di lavoro. La battaglia che affronta la protagonista di "Nome di donna" parte proprio dopo gli eventi che si verificano nella clinica in cui lavora.

La storia: Nina (Cristiana Capotondi) si trasferisce da Milano in un piccolo paese della Lombardia, dove trova lavoro in una meravigliosa residenza per anziani. Un mondo quasi fiabesco. Dove però si cela un segreto scomodo e torbido. Nina sarà costretta a confrontarsi con le sue colleghe, italiane e straniere, per affrontare il direttore della struttura, Marco Maria Torri, in un’avvincente e appassionata battaglia sul diritto di essere donna.

"La cosa curiosa del film - dice Michela Cescon, che nel film interpreta l'avvocato che difende Nina -, un'intuizione giusta di Marco Tullio Giordana, è che il film è ambientato a Milano. Si vede una città internazionale, avanti, e pensi che sia una città che sta andando. Poi, invece, ti ritrovi in una cosa che sembra tribale, dove c'è un uso del potere così malsano che ti fa pensare: c'è ancora tanta strada da fare". 

Cristiana Capotondi parla delle sue sensazioni nell'interpretare una donna coraggiosa che porta avanti una battaglia contro gli abusi: "È una tematica che ha una grande attualità. Quando ci siamo ritrovati a girare questo film ci sentivamo dei panda, perché fino a un anno fa non era un argomento trattato. Ci si chiedeva 'a qualcuno interesserà questa tematica?'. A noi interessava, e questa è stata la cosa importante. È la storia di una donna che, dal mio punto di vista, ha una grande dignità, una grande idea di se stessa e delle donne che difende nelle azioni costanti e quotidiane. Potrebbe perire di fronte a questa aggressività che il sistema le offre come risposta alla sua denuncia. Potrebbe essere sopraffatta, ma invece decide di continuare perché incontra lo sguardo di un'altra donna".

"Magari questo film non sarà decisivo per ottenere maggiori numeri di denuncia a fronte degli abusi subiti - continua la Capotondi -. Ma magari sarà determinante anche solo per una, due, tre o quattro donne per condividere almeno all'interno del gruppo di lavoro quanto accaduto. Sarebbe già un passo avanti". 

Perché un uomo dovrebbe scegliere questo film al cinema? "Intanto perché il nostro regista è uomo - scherza l'attrice protagonista - Poi ci troverà una corrispondenza con un punto di vista che non è ideologico, moralista e bacchettone, ma che restituisce un affresco di tante donne diverse che hanno un modo differente di reagire agli abusi. Infine perché, portando in giro questo film, raccogliamo un sacco di confidenze e l'abuso di potere riguarda anche gli uomini: l'abuso ha a che fare con il potere; anche una donna quando arriva al potere è in grado di abusare. Quindi non è una battaglia di genere che esclude gli uomini. Cerchiamo degli alleati". 

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